L’antipolitica, un segnale d’allarme
Dal 2008 ad oggi scende il numero di coloro che hanno espresso (o esprimerebbero) il voto per un partito. Dal 37,3% del centrodestra alle politiche del 2008, oggi la coalizione otterrebbe il 18,5 per cento. Il centrosinistra dal 32,3% scenderebbe al 26,9%. Il Terzo Polo, al contrario, dal 5,2 salirebbe al 7,8%. E’ quanto evidenzia l’istituto di ricerca Tecnè nell’ultima rilevazione “Stime del consenso elettorale e dei flussi di voto 2008/2012”, pubblicata su l’Unità del 16 gennaio. Nello specifico alla domanda “Se si votasse oggi quale partito voterebbe?”, il 24,5% ha risposto Pdl (rispetto al 37,4% del 2008), il 28% Pd (rispetto al 33,2 del 2008), il 7,5 Udc (rispetto al 5,6% del 2008). L’Idv è all’8,5%, mentre la Lega (6%) perde un punto percentuale rispetto a dicembre 2011. Si conferma quella frattura tra gli italiani e i partiti politici già evidenziata dalla rilevazione di Tecnè Italia a dicembre, un distacco emerso a partire dalle amministrative di maggio e man mano consolidatosi. Un divorzio dai partiti ma non dalla politica, cui gli italiani sembrano invece sempre più interessarsi, come confermano i dati secondo cui per il 58% degli intervistati in questo momento è importante l’impegno politico di ciascun cittadino.
“Il problema della coerenza tra teoria e pratica – afferma Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè – si pone soprattutto nei momenti storici di rapida trasformazione, quando realmente le azioni domandano di essere giustificate teoricamente per essere più efficienti, o si moltiplicano i programmi teorici che chiedono, a loro volta, un punto di ricaduta pratico.
Il tema è quanto mai attuale. E si ripropone, con evidenza, nell’indagine di Tecnè, nel momento in cui registra, al tempo stesso, una forte spinta all’impegno politico e la diminuzione della partecipazione elettorale, che sembra preannunciare, invece, un abbandono. Un’apparente incoerenza, che in realtà è il segno più evidente del passaggio da un sistema composto di grandi e stabili attori politici – capaci di rappresentare le correnti sociali – a un sistema più complesso, dove convivono una moltitudine di soggetti e di temi, attorno ai quali i cittadini si orientano e si mobilitano indipendentemente dai tradizionali partiti.
Una crescita della fluidità e della contingenza che ha il suo punto di ricaduta nell’eclissi dei grandi interpreti e nell’indisponibilità di riferimenti culturali e valoriali che alimentino relazioni fondate su una comune appartenenza. Il risultato può apparire una complessiva diminuzione della partecipazione politica, mentre in realtà questa è diventata soltanto meno visibile. Tanti piccoli rivoli anziché pochi grandi invasi capaci di contenerli. Nuove domande e forme di partecipazione che spesso i partiti tradizionali non riescono a intercettare e delle quali faticano a farsi interpreti.
Eppure – aggiunge Buttaroni – le pratiche che si moltiplicano avrebbero bisogno di teorie in grado di spiegarle e darne un senso politico. Così come le buone idee politiche avrebbero bisogno di un’operatività pratica capace di renderle reali e concrete. Anche il nuovo ha bisogno, pertanto, di politica”.
Di seguito il quadro completo della ricerca. Qui l’articolo di Carlo Buttaroni pubblicato su l’Unità.
L’indagine è stata realizzata da Tecnè su un campione rappresentativo degli italiani maggiorenni. Sono state intervistate telefonicamente, con metodo CATI, mille persone il 13 gennaio 2012. Il margine di eroe è pari a +/- 3,1%.
[…] articolo è stato pubblicato su l’Unità del 16 gennaio. Qui la ricerca completa. […]