ACTA: così l’accordo anticontraffazione nell’Ue
La Commissione Ue ha imposto un momentaneo stop alla ratifica dell’Accordo commerciale anticontraffazione (ACTA) che ora dovrà essere valutato dalla Corte di giustizia europea al fine di stabilire se il trattato lede o meno i diritti fondamentali dei cittadini.
L’obiettivo dell’accordo firmato da 30 Paesi nel mondo – almeno in teoria – è quello di rinforzare i diritti della proprietà intellettuale e quindi, non da ultimo, di scongiurare la violazione del copyright online. L’accordo è stato siglato da Unione europea, Stati Uniti, Australia, Canada, Giappone, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Corea del Sud e Svizzera. All’interno dell’Ue, però, c’è stato qualche distinguo. Il trattato, infatti, è stato firmato il 26 gennaio a Tokio da tutti gli Stati membri tranne Estonia, Slovacchia, Germania e Paesi Bassi. E anche Bulgaria, Repubblica ceca, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania hanno espresso dei dubbi mettendo così a rischio l’eventuale ratifica.
Nelle scorse settimane sono state organizzate in tantissime città europee delle manifestazioni contro ACTA. Le critiche vertono soprattutto sulla libertà di espressione che verrebbe, secondo l’accordo, minata nonché il timore che il trattato possa favorire soprattutto le grandi società a scapito dei cittadini che vedrebbero in questo modo la propria privacy violata. Un altro punto contestato è la scarsa trasparenza riguardo le trattative che hanno anticipato l’accordo e a tale proposito il Parlamento europeo ha già votato tre risoluzioni volte ad una maggiore chiarezza in materia.
La prima, l’11 marzo del 2009: il Pe richiedeva alla Commissione che tutti i documenti relativi ai negoziati su ACTA fossero resi pubblici. La seconda, il 10 marzo del 2010 con cui gli eurodeputati rifiutavano la segretezza del patto. Infine la terza, il 24 novembre dello stesso anno: ACTA veniva in questa occasione indicato come “un passo nella giusta direzione”, ma il Parlamento di Strasburgo invitava la Commissione a confermare anche che l’accordo non avesse alcun impatto sulle libertà individuali né che fosse in contrasto con la legislazione vigente. È dunque in questo senso che può essere letta la decisione di Bruxelles di chiedere un parere alla Corte di giustizia europea (anche se c’è chi ritiene che in verità si tratti di una mossa strumentale).
Ad ogni modo – in attesa del giudizio della Corte – l’accordo potrà entrare in vigore nell’Ue se nei prossimi mesi, dopo le analisi delle commissioni parlamentari, sarà il Pe a dare il nulla osta. Se il Parlamento dovesse esprimersi positivamente, allora ogni Stato membro dovrà ratificarlo (ma prima dovranno aderire Cipro, Estonia, Slovacchia, Germania e Paesi Bassi). In caso di rifiuto, invece, ACTA non avrebbe vita entro i confini dell’Ue. E dunque, negli altri Paesi che lo ratificheranno, sarà valido solo sul loro territorio.
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