Disoccupati? Meglio “precari e contenti”
“Sì, Precari e contenti vale ancora oggi, anche se la situazione si è aggravata, soprattutto per colpa della crisi economica. Ma mai come oggi si pone il problema: l’addio al posto fisso è definitivo? E mai come oggi chi cerca di inserirsi nel mercato del lavoro deve essere non solo flessibile, ma anche chiaro nelle proprie scelte, deve creare delle competenze, un saper fare. Il mercato vuole che si sia sempre capaci di cambiare e imparare cose nuove, ma anche che si sappia fare qualcosa di preciso”. Angela Padrone, giornalista romana e vice caporedattore centrale del Messaggero, è autrice di diversi libri sul mondo del lavoro. Nel 2007, per l’appunto, pubblica Precari e contenti. Storie di giovani che ce l’hanno fatta (Marsilio). Un tema su cui, racconta oggi la giornalista a T-Mag, “avrei forse più pudore sebbene il testo sia da ritenersi ancora valido”.
“Quel libro – prosegue – era anche provocatorio, voleva indicare una strada positiva, soprattutto ai giovani e alle donne. Certo, con la crisi la situazione è peggiorata, ma dobbiamo metterci in testa, come sottolineato in questi giorni da diversi esponenti del governo, che tutto è cambiato a partire dall’idea del posto fisso. Per i ragazzi e le ragazze adesso conta di più individuare il proprio cammino, entrare nel mercato del lavoro e mettersi in gioco, seguire una passione e avere un obiettivo, avere l’umiltà di imparare un mestiere. Del resto mi sembra che i numeri in aumento siano soprattutto quelli relativi alla disoccupazione. Ed è sempre meglio avere un lavoro, per quanto precario, che non averlo affatto”.
Inutile girarci intorno. Le attuali difficoltà occupazionali riguardano da vicino le donne e i giovani il cui tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli record. È “la sfida degli outsider”, come Padrone scrive in un secondo libro (Marsilio, 2009). “La sfida degli outsider – spiega l’autrice – indica alcune proposte. Tra queste io credo che manchi, anche nelle scelte del governo Monti, la determinazione a puntare sulla semplificazione del mercato e sull’agevolazione all’accesso di queste fasce. Anche solo parlare di più di donne, lavoro e carriere, sarebbe molto utile. I giornali sono restii a farlo. Basti vedere che l’unico provvedimento su cui non c’è stato praticamente dibattito pubblico, e che è passato senza contropartite, è quello dell’innalzamento dell’età pensionabile delle donne. Ma ribadisco, e faccio autocritica in questo senso: anche i mass media hanno la loro parte di responsabilità. Quello sulle donne è un tema più ‘di colore’ che non un tema da affrontare seriamente”.
Eppure l’Italia è il paese delle donne imprenditrici. Sono un milione e 400 mila le attività al femminile. Angela Padrone lo rileva in Imprese da favola. Viaggio nel paese delle donne che si inventano il lavoro (Marsilio, 2011). Ad una lettura superficiale – le faccio notare – viene spontaneo credere che le donne siano costrette a compiere piccole grandi gesta per emergere. “Come in Precari e contenti – risponde la giornalista –, queste sono storie di persone che ‘si sono salvate da sole’, in una situazione di grandi difficoltà. Possono ispirare altri e soprattutto fanno capire quali grandi risorse ci sono nel nostro Paese. Le donne sono spesso costrette all’autoimpiego. Ciò non avviene solo in Italia. In Grecia, ad esempio, si registrano percentuali molto alte e da noi sono diversi i casi di successo. Il difetto, semmai, è che generalmente parliamo di piccole attività che hanno difficoltà ad ampliarsi e a sostenere i costi di una grande azienda. Anche in questo settore sarebbe opportuno osare di più tramite politiche che sostengano tali iniziative e che permettano un incentivo al credito”.
Ma al di là degli aspetti tecnici, il filo conduttore che lega i tre libri – come tiene a precisare Padrone – è soprattutto infondere nelle persone una “nota di ottimismo”. Il suggerimento, neppure troppo velato, è di credere in se stessi. È un concetto sempre valido, per carità. Ma di questi tempi lo è a maggior ragione.
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