Parte bene il 2012 del vino italiano
Valore export da record (4,4 miliardi di euro), volume (24,1 milioni di ettolitri) e valore medio di un litro di vino italiano (1,83 euro) in costante aumento, crescita prepotente nei mercati dei Paesi Terzi (+13,6% in valore; +3,9% in volume) e alto peso specifico delle vendite nell’Unione Europea (+11,4% in valore; +11,3% in volume): ecco gli elementi qualificanti di un successo costruito, giorno dopo giorno, in giro per il mondo dall’Italia del vino, nel 2011. Che trovano conferme nei risultati del “primo trimestre” 2012 di 20 tra le realtà enologiche più importanti d’Italia per storia, immagine e per volume d’affari (per complessivi 1,4 miliardi di euro), sondate da www.winenews.it, uno dei siti di comunicazione più cliccati del mondo del vino italiano: per il 90% delle cantine vendite su del 9%, con l’85% che dichiara “sentiment” positivo.
L’analisi di Winenews sulle 20 cantine fra le più importanti d’Italia, mette in luce che quella dell’export è una prerogativa che ha storicamente contraddistinto l’imprenditoria vitivinicola del Bel Paese e che proprio nel 2011 coglie i suoi frutti più maturi. Risultati che, per queste realtà produttive, continuano a segnare anche i primi tre mesi del 2012: il 90% del campione mette a bilancio una crescita delle vendite, mediamente del +9%, e solo il 10% dichiara una stabilità sulle performance dello stesso periodo del 2011. Ottimismo anche per il resto del 2012, con l’85% che dichiara un “sentiment” abbastanza positivo e un 15% positivo.
Buone sensazioni, soprattutto in termini di vendite, come da più parti segnalato, anche se, evidentemente, secondo la rilevazione di Winenews, si tratta di una fiducia che non può dividersi dall’andamento generale dell’economia nazionale. Ma non si tratta di un mero “ottimismo della volontà da contrapporre ad “un pessimismo della ragione”, poiché trova una concreta e solida base d’appoggio su quanto il mondo del vino italiano è riuscito a fare nel 2011.
I punti di forza del sistema vino tricolore risiedono principalmente, come rileva l’analisi di Winenews, nell’export ma anche in un elemento di novità, molto promettente: la tendenza al rialzo del prezzo medio al litro venduto oltre confine. Sul primo punto i dati parlano chiaro: dopo un lungo periodo di recupero, la bilancia commerciale italiana è tornata positiva per 1,4 miliardi di euro.
Un segnale inequivocabile della forza delle vendite all’estero del made in Italy, che può fare da preludio ad una crescente competitività della produzione italiana. In questo contesto, delineato dall’indagine di Winenews, il vino gioca un ruolo non secondario. Fissa il suo record a valore per l’export e, a dicembre 2011, vede alzarsi ancora il suo prezzo medio al litro fino a 2 euro (erano 1,77 nel dicembre 2010; dati Assoenologi), risultato ulteriormente positivo ottenuto dopo un quadriennio tempestoso (e dopo un ripensamento generale su quantitativi, capacità produttiva dei vigneti e gestione delle giacenze) in cui le etichette italiane hanno saputo reggere alla pressione dell’instabilità economica, concludendo questo ciclo con un tendenziale ritocco verso l’alto dei listini prezzi e sancendo, sostanzialmente, il definitivo recupero ai livelli del periodo pre-crisi. Arduo trovare un settore produttivo dell’economia italiana che abbia dimostrato una tale reattività, andando a raggiungere risultati mai conquistati, proprio in un momento di difficoltà conclamata.
A spostare l’attenzione degli imprenditori del vino del Bel Paese verso scenari più accidentati, rileva Winenews, sono però alcuni “sintomi” che potrebbero svilupparsi nel corso del resto del 2012. Il rigore imposto dal risanamento dei bilanci degli stati dell’Unione Europea potrebbe avere un effetto depressivo sui consumi interni dell’eurozona, con una possibile contrazione della domanda, che potrebbe riverberarsi anche nelle economie in espansione. Segnali in questo senso possono essere colti da alcune contrazioni nell’assorbimento del vino italiano da parte di qualche mercato non secondario, avvenute a dicembre 2011 (dati Assoenologi): Germania -2,8%, Usa -1,7%, Canada -4,4%, Russia -6,2%, Danimarca -3,2%. Una situazione evidentemente a macchia di leopardo, conseguenza anche di un rallentamento “fisiologico”, ma che dovrà essere monitorata con attenzione nel corso del 2012 e che spiega, con buona approssimazione, le scelte operative e strategiche delle 20 aziende sondate. Per il 55% di esse sono gli Stati Uniti e l’Italia, i mercati dove concentrare maggiormente i propri sforzi, poi viene l’Asia (35%) e l’Europa (10%).
Dall’analisi di Winenews emerge che, sommando le percentuali di Italia Stati Uniti e Europa, il 65% degli imprenditori del vino del Bel Paese punta proprio in direzione di un rafforzamento di quei mercati che a fine dicembre 2011 hanno cominciato a dare qualche segno di indebolimento. E se l’Asia continua a rimanere, probabilmente, il mercato più pronto ad innalzare i propri consumi di vino, un discorso a parte merita il mercato italiano. Con tutte le sue debolezze, in termini soprattutto di consumi in discesa (siamo ormai a 40 litri pro capite, erano 55 nel 1997), resta uno sbocco commerciale importante non solo in termini di numeri (sono 20 milioni gli ettolitri che restano in Italia) ma anche per il suo ruolo di “specchio”: proprio quando l’obbiettivo strategico principale sono i mercati internazionali, infatti, è il mercato domestico a garantire la visibilità dell’immagine aziendale, che poi viene spesa sulle piazze internazionali.
Gli imprenditori del vino italiano sondati da Winenews dimostrano anche di non perdere il contatto con la realtà: il presente, e soprattutto il futuro, rimangono incerti, e, nonostante i risultati del 2011 siano molto positivi, diventa inevitabile non confrontarsi con alcune possibili problematiche. Ed ecco allora le aziende stilare una sorta di “classifica” delle preoccupazioni più impellenti che vede: al primo posto le incognite economiche (per il 65% del campione), al secondo la debolezza dei consumi (25%) e, appaiate al terzo posto (10%), la perdita di competitività internazionale e l’aumento dei costi di gestione.
Le incognite economiche riguardano prima di tutto l’Italia, ma anche molti altri Paesi e potrebbero, in qualche misura, “intaccare” la fiducia anche delle nazioni la cui economia è in fase di crescita. È l’elemento di più difficile decifrazione e quello che non può restare fuori dall’agenda della pianificazione di tattiche e strategie delle imprese vitivinicole del Bel Paese. Una preoccupazione che gli imprenditori del vino italiano vedono legata anche alla possibile perdita di competitività internazionale, che, a detta di molti, resta ugualmente un problema aperto perché l’Italia non è ancora riuscita a dotarsi di un sistema promozionale per l’estero coordinato e ben gestito. Secondo l’analisi di Winenews, la debolezza dei consumi è un punto controverso: trova una sua evidenza soprattutto se viene presa in considerazione la situazione europea e del mercato domestico, si fa più debole, invece, se si estende la visione ai mercati internazionali più “lontani”, a partire dall’Asia e dal Sud America. Elemento di novità, almeno rispetto al recente passato, è quello della preoccupazione per gli aumenti dei costi di gestione, ma Imu e prezzo dei carburanti, solo per citare gli esempi più evidenti, potrebbero davvero riverberarsi in modo deciso sui fatturati aziendali.
(fonte WineNews)
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