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La riforma del mercato del lavoro (in pillole)/2

(continua) Sono 46 le tipologie contrattuali vigenti: 26 per i rapporti di lavoro subordinato, quattro per i parasubordinati, cinque per i rapporti di lavoro autonomo e 11 rapporti speciali, tra cui sei forme di part-time. Il governo intende diminuirne il numero notevolmente, premiando gli usi virtuosi e limitando quelli impropri. L’apprendistato assume un ruolo dirimente durante il percorso formativo del lavoratore che in questo modo punta al raggiungimento di un rapporto a tempo indeterminato. “Pur mirando a favorire la costituzione di rapporti di lavoro stabili – si legge nel documento del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali –, la riforma intende preservare la flessibilità d’uso del lavoro necessaria a fronteggiare in modo efficiente sia le normali fluttuazioni economiche, sia i processi di riorganizzazione”.
Contratto a tempo determinato. Il periodo massimo è di 36 mesi, comprensivo di proroghe e rinnovi e costerà un po’ di più al datore di lavoro. Ciò è dovuto in parte all’inserimento di nuovi strumenti assicurativi (in particolare l’Aspi, di cui parleremo in un successivo momento). L’incremento del costo contributivo prevede un’aliquota all’1,4%. Inoltre, “nello spirito della direttiva europea n. 99/70/CE, il contrasto ad un’eccessiva reiterazione di rapporti a termine tra le stesse parti è perseguito tramite l’ampliamento dell’intervallo tra un contratto e l’altro a 60 giorni nel caso di un contratto a sei mesi e a 90 giorni nel caso di un contratto di durata superiore (attualmente 10 e 20 giorni).
Contratto di inserimento. “Compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, si razionalizzano – concentrandole sui lavoratori ultra cinquantenni disoccupati da almeno 12 mesi – le risorse impegnate nelle agevolazioni contributive previste nell’ambito della forma del contratto di inserimento (che è un contratto a tempo determinato). Tali agevolazioni consistono nella riduzione del 50% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo di 12 mesi nel caso di contratto di lavoro a tempo determinato (e ulteriori sei mesi nel caso di successiva stabilizzazione, da fruirsi al termine del periodo di prova ove previsto) e di 18 mesi se il lavoratore è assunto a tempo indeterminato”.
Apprendistato. È, dicevamo, l’istituto ritenuto più importante tanto dall’esecutivo quanto dalle parti sociali, soprattutto in veste di canale per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. L’impianto resta sostanzialmente quello del d.lgs. n. 167/2011 di cui Regioni e parti sociali dovranno promuoverne l’implementazione entro il termine fissato al 25 aprile 2012. Ciò che l’esecutivo vuole, in aggiunta, assicurare è “l’introduzione di un meccanismo in base al quale l’assunzione di nuovi apprendisti è collegata alla percentuale di stabilizzazioni effettuate nell’ultimo triennio (50%) con l’esclusione del computo della citata percentuale dei rapporti cessati durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa; l’innalzamento del rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati dall’attuale 1/1 a 3/2; la durata minima di sei mesi del periodo di apprendistato, ferma restando la possibilità di durate inferiori per attività stagionali”.
Contratto di lavoro a tempo parziale. “Al fine di incentivare l’impiego virtuoso dell’istituto, ostacolandone l’uso come copertura di utilizzi irregolari di lavoratori, si propone di istituire, nei soli di casi di part-time verticale o misto, un obbligo di comunicazione amministrativa secondo cinque giorni da dare al lavoratore in occasione di variazioni di orario attuate in applicazione delle clausole elastiche o flessibili”.
Contratto di lavoro intermittente. Le intenzioni del governo sono quelle di ripristinare la funzione originaria dello strumento. Si intende abrogare l’articolo 34, comma 2, del d.lgs. 276/2003, secondo cui il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche pensionati. E ancora l’articolo 37 del d.lgs. 276/2003 che prevede: Nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l’indennità di disponibilità di cui all’articolo 36 è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. Ulteriori periodi predeterminati possono essere previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale.
Lavoro a progetto. L’idea di base è quella di disincentivare il più possibile questo istituto. In che modo? Sono previste modifiche tanto normative quanto contributive. Tra le prime, ad esempio, una definizione più stringente del “progetto” che, come si spiega nel documento, non può considerare in una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente. Sul versante contributivo, è introdotto un incremento dell’aliquota contributiva IVS degli iscritti alla gestione separata Inps, “così da proseguire il percorso di avvicinamento alle aliquote previste per il lavoro dipendente”.
Partite Iva. Qui il discorso è un pochino più complesso. L’esercito dei precari – tra co.co.pro e partite Iva – è composto di 1,6 milioni di unità. Nel caso delle partite Iva, aumentate del 57% solo nei primi otto mesi del 2011, non sempre coinvolgono persone che lavorano in proprio. Spesso nascondono lavori subordinati. Dunque il governo si muove proprio su questo fronte: razionalizzare il ricorso a collaborazioni professionali con titolarità di partita Iva.
Associazioni in partecipazione con apporto di lavoro. “Si prevede di preservare l’istituto solo in caso di associazioni tra familiari entro il primo grado o coniugi”.
Lavoro accessorio. Sono previste misure di correzione finalizzate a restringere il campo di operatività dell’istituto e a regolare il regime orario dei buoni (voucher).
Tirocini formativi (stage). Il ministro Elsa Fornero lo aveva anticipato con diversi giorni di anticipo. Gli stage avranno lo scopo di formare i giovani al fine di favorire l’occupabilità e non dovranno entrare in “conflitto” con l’apprendistato. “Il lavoro deve essere pagato”, aveva chiosato Fornero.

F. G.

 

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