Il rischio deflazione in Europa
In un’audizione alla commissione Finanze della Camera, Giuseppe Vegas, presidente della Consob, lo ha detto chiaro e tondo: “Nell’area euro emergono rischi di deflazione e di un prolungato periodo di bassa attività economica, amplificati dalle esigenze di consolidamento fiscale e di politiche di bilancio necessariamente restrittive”. In queste ore abbiamo appreso del rischio deflazione, nuovo spauracchio della crisi come se, una volta lo spread, un’altra la disoccupazione, non fossero già abbastanza. Fatto sta che gli ultimi dati Istat non ammettono repliche. L’Italia sta attraversando una fase disinflazionistica: il tasso d’inflazione medio annuo nel 2013 si è attestato all’1,2%, in netto calo rispetto al 3% del 2012. Per dirla con Vegas, il trend coinvolge gran parte dell’eurozona. I Paesi in cui si sta assistendo ad un vero e proprio fenomeno di deflazione sono Grecia (-1,7% su base annua e -2,9% sul mese di novembre) e Portogallo (-0,2% negli ultimi due mesi). La deflazione è un indicatore particolare, che ne nasconde tanti altri. Il calo dei prezzi al consumo (immaginiamo un carrello piuttosto variegato) è sintomatico cioè di un ridotto potere d’acquisto (perché si perde il lavoro, perché i salari – quando va bene – restano al palo, o – quando va male – si svalutano), ma anche di una maggiore incertezza per cui spendere diviene un’operazione quasi chirurgica. Qualsiasi scelta – lo dimostrano gli outlook economici che Tecnè presenta di settimana in settimana – viene ponderata al millimetro. Un cane che si morde la coda, insomma. Per non parlare delle ripercussioni che si hanno sul debito pubblico.
Le economie che godono di una situazione al riparo dalle intemperie (Germania, Finlandia, Austria e Olanda) marcano vieppiù la differenza con la “periferia”. Tuttavia la Bce non sembra preoccuparsene granché. È a Francoforte, infatti, che si tenta di preservare la stabilità dei prezzi, ovvero mantenere l’inflazione a livelli di poco inferiori al 2% nel medio periodo. Le previsioni di dicembre, secondo cui i valori passeranno dal’1,3% del 2014 all’1,5% del 2015, non mettono in guardia la Bce in quanto il valore medio è sì ancora lontano dalla soglia ottimale, ma non tanto da temere nell’eurozona una vera e propria deflazione. Che, guarda caso, colpisce in compenso quelle economie più esposte alla crisi (anche) a causa delle politiche di austerità fin qui promosse.
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