Usa 2016. Primarie ai nastri di partenza
A sparigliare le carte, a pochi giorni dal voto in Iowa (1 febbraio) che sancirà l’apertura delle primarie democratiche e repubblicane per la nomination dei candidati a presidente degli Stati Uniti, è stato Michael Bloomberg. Nessuna conferma ufficiale, per adesso. Ma il New York Times ha riferito di un Bloomberg seriamente intenzionato a correre per la presidenza, da indipendente. Tutto dipenderà dall’esito delle primarie, pare.
Il caucus dell’Iowa non dirà chi saranno i pretendenti alla Casa Bianca, ma di certo fornirà una serie di spunti interessanti. Sarà l’occasione per valutare il potenziale raggio d’azione di Bernie Sanders, il quale negli ultimi giorni ha recuperato terreno ai danni della stra-favorita Hillary Clinton. E, sul fronte repubblicano, confermerà la crediblità della candidatura di Donald Trump, che intanto nei sondaggi ha allungato su Ted Cruz e, in quota maggiore, sugli altri rivali. Il Des Moines Register, giornale della capitale dell’Iowa, come è pratica diffusa negli Usa ha dichiarao il proprio endorsement per Hillary Clinton e Marco Rubio, con quest’ultimo che faticherà non poco per restare sulla scia di Trump. È in questa prospettiva che si colloca l’ipotetico impegno di Bloomberg.
Settimo uomo più ricco degli Stati Uniti, sindaco di New York per tre mandati consecutivi (due da repubblicano, uno da indipendente), deve la sua ricchezza ad un impero mediatico dedicato all’informazione finanziaria e l’agenzia che porta il suo nome è la Bibbia dei trader. La sua (eventuale) candidatura potrebbe essere in chiave anti-Trump, a maggior ragione se tra i democratici sarà Sanders a spuntarla. È questo, soprattutto, il punto di vista di Clinton, la quale ha subito “tranquillizzato” Bloomberg: sarà lei a sfidare il candidato repubblicano. In effetti è presumibile che Bloomberg sia mosso da un sentimento di questo tipo, avendo nel 2012 sostenuto Barack Obama: in materia economica Bloomberg è certamente più “vicino” ai conservatori, ma sugli altri argomenti – la stretta sulle armi e la lotta al cambiamento climatico – le sue posizioni non differiscono di molto da quelle promosse dall’attuale amministrazione. Se Sanders e il suo successore a New York, Bill de Blasio, hanno stigmatizzato la possibilità che Bloomberg entri nella competizione elettorale (i cittadini americani non sopporterebbero due miliardari in corsa per la Casa Bianca, è in estrema sintesi la riflessione di entrambi), Trump la considererebbe una sfida nella sfida. Insomma, non gli dispiacerebbe vedersela con un tipo della stessa pasta. Un amico, lo ha definito di recente, il cui gruppo mediatico non lo ha però risparmiato da critiche dure in passato. Ed è risaputo quanto a Trump piaccia prendersi le rivincite (leggete uno dei suoi libri in cui dispensa consigli su come diventare imprenditori di successo e fare un mucchio di soldi e ne avrete, allora, una vaga idea…).
Il voto dell’Iowa incalza, ad ogni modo. Secondo uno studio del Guardian – come riferisce America24 – i candidati avrebbero speso nel complesso una cifra che ruota attorno ai 6,5 milioni di dollari in spot televisivi in vista dell’appuntamento dell’Iowa. A crescere, poi, sarebbe soprattutto la presenza dei Super Pac, i comitati indipendenti che raccolgono fondi senza particolari vincoli. Pare che Sanders abbia investito una somma notevole nello Stato che darà il via alle primarie, persuaso che una vittoria inattesa possa indebolire la corsa dell’ex First Lady.
Le puntate precedenti:
Usa 2016. La corsa repubblicana
Usa 2016. La corsa democratica
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