Guida al referendum. La riforma del Senato
A breve saremo chiamati ad esprimerci sulla riforma costituzionale recante “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione”. La prima parte della Guida al referendum di T-Mag si concentra sulla riforma del Senato. Se al voto del referendum confermativo – per cui non sono previste soglie per il raggiungimento del quorum – che si terrà il 4 dicembre dovessero prevalere i “Sì”, il Senato come lo conosciamo oggi potrebbe cambiare, sia per quanto riguarda la composizione sia per le funzioni e la partecipazione alla vita politica del paese. Vediamo come.
Di Francesco Gasparetti da Senigallia, Italy – Flickr, CC BY 2.0, Collegamento
COMPOSIZIONE
Ad oggi sono 315 i senatori, con la riforma (con cui l’aula prenderà il nome di Senato delle Autonomie) il numero scenderebbe a 100, di cui 74 Consiglieri regionali, 21 sindaci più altri cinque membri nominati direttamente dal Presidente della Repubblica (che rimarranno in carica fino al termine del mandato del Capo di Stato e non potranno riessere eletti). Di fatto verrebbero quindi eliminati 215 senatori, ma rimarrebbero comunque in aula gli ex Presidenti della Repubblica in qualità di senatori a vita. Al contrario di quanto accade oggi, i senatori non verrebbero eletti direttamente, ma scelti nelle assemblee regionali: saranno gli stessi consigli regionali a decidere quali consiglieri e quali sindaci inviare al Senato per rappresentarli (la ripartizione avviene con metodo proporzionale, cioè secondo la demografia delle singole regioni). Inoltre, la riforma prevede che il mandato dei senatori duri fino al termine della durata del mandato territoriale: allo scadere della seconda, decade la carica da senatore.
SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PERFETTO E NUOVE FUNZIONI
Secondo quanto previsto dall’Art.1 del ddl costituzionale N°1429 l’attuale Art. 55 (relativo alla funzione delle Camere):
Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
verrebbe sostituito dal nuovo Art. 55, contenuto nel ddl presentato dal Presidente del Consiglio e dal Ministro per le Riforme, che recita:
Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione. La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo. Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
La riforma tende a promuovere una rappresentanza equilibrata tra i generi e la netta distinzione tra le funzioni di Camera e Senato, superando così il bicameralismo paritario. Innanzitutto viene specificato che, mentre la prima rappresenta la Nazione, il Senato delle Autonomie le istituzioni regionali. In base al testo della riforma solo la Camera dei deputati voterebbe la fiducia – o la sfiducia – al Governo e solo in questa sede verrebbe esercitata “la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo”. Il Senato, dunque, non voterebbe più la fiducia, ma verrebbe limitato al voto sulle riforme e le leggi costituzionali, quelle sugli enti locali e i trattati internazionali. Sostanzialmente, questo vuol dire che il Senato avrebbe piena competenza legislativa (insieme alla Camera) solo su riforme e leggi costituzionali – mentre le leggi ordinarie spetterebbero quasi unicamente alla Camera, salvo alcuni casi – e parteciperebbe “alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea e ne valuta l’impatto”.
Per quanto concerne, nel dettaglio, la funzione legislativa, l’attuale articolo 70 della Costituzione italiana recita che:
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
Poiché la procedura cambierebbe, salvo casi particolari, verrebbe modificato con il seguente:
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all’esame o sia inutilmente decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L’esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all’articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all’articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d’intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all’esame della Camera dei deputati.
Si specifica, quindi, che al contrario di quanto accade oggi con la riforma del Senato le due camere si riunirebbero solo in casi eccezionali. Il Senato, a maggioranza assoluta, potrà comunque richiedere alla Camera dei Deputati di esaminare un disegno di legge.
COME CAMBIA IL RAPPORTO TRA SENATO E PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA…
Tra le principali modifiche previste dalla riforma c’è sicuramente quella relativa allo scioglimento delle Camere: il Capo dello Stato può sciogliere solo la Camera, mentre lo scioglimento del Senato, essendo un organo a rinnovo continuo (la carica di senatore termina alla scadenza del mandato territoriale), non sarà più contemplato come accade oggi. Non solo, la seconda carica dello Stato sarà il presidente della Camera e non più quello del Senato.
Altro punto saliente è l’elezione dello stesso Presidente della Repubblica. Rispetto ad oggi parteciperebbero solo deputati e senatori. Questi ultimi, essendo rappresentati dei consigli regionali, “escludono” la partecipazione di ulteriori delegati regionali. Il quorum delle prime tre votazioni resta immutato (maggioranza dei due terzi), dal quarto è necessaria la maggioranza dei tre quinti (ovvero il 60%; oggi, dal quarto scrutinio, è sufficiente la maggioranza assoluta), dal settimo scrutinio è invece necessaria la maggioranza dei tre quinti dei votanti.
…E CON LA CORTE COSTITUZIONALE
Ad oggi il primo comma dell’Articolo 135 (recante le disposizioni in materia di elezione dei giudici della Corte Costituzionale) recita:
La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative.
La riforma, invece, ne prevede la sostituzione con:
La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica.
Inoltre, al settimo comma dello stesso articolo, relativo alla messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica:
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
La parola “senatore” è sostituita da “deputato”. Il teso dovrebbe quindi diventare:
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a deputato, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.