Guida al referendum. I costi della politica
La riforma costituzionale, che sarà sottoposta al giudizio degli elettori con il referendum del 4 dicembre, prevede una modifica del compenso che spetta ai membri del Senato – il cui numero sarà inferiore rispetto a quello attuale: i senatori saranno 100 contro gli attuali 315 eletti con suffragio universale e diretto dei cittadini che hanno compiuto 25 anni -, e l’abolizione del CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, un organo di consulenza delle Camere e del governo e di iniziativa legislativa.
COME FUNZIONA OGGI
La legge n.1261 del 1965 regola l’indennità riconosciuta ai senatori per garantirne “il libero svolgimento del mandato”. Secondo l’articolo 1, gli Uffici di Presidenza delle Camere devono determinare l’ammontare della indennità mensile in modo tale che non superi “il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate”.
Al netto dei contributi obbligatori per il trattamento previdenziale, per l’assegno di fine mandato e per l’assistenza sanitaria, attualmente i senatori percepiscono un’indennità pari a 5.304,89 euro mensili, che scendono a 5.122,19 euro per coloro che svolgono attività lavorative (fatta eccezione per i dipendenti pubblici: l’articolo 68 del decreto legislativo 30 marzo 2001 (n.165) prevede l’obbligo di aspettativa per i pubblici dipendenti eletti senatori). Una volta sottratte anche le addizionali regionali e comunali che variano a seconda del domicilio fiscale del senatore, l’indennità diminuisce fino a “essere leggermente inferiore o superiore ai 5.000 euro”. Oltre all’indennità, chi siede a Palazzo Madama ha diritto anche ad una diaria, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno, prevista dalla legge n.1261/1965. La diaria viene aggiornata periodicamente in base al costo della vita e attualmente ammonta a 3.500 euro. La legge prevede delle decurtazioni per ogni giornata di assenza dai lavori parlamentari.
I senatori ricevono anche un rimborso delle spese generali mensile di 1.650 euro e un rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, che viene diviso in una quota mensile di euro 2.090 (sottoposta a rendicontazione quadrimestrale) e in una ulteriore quota di 2.090 euro mensili erogata in modo forfettario. Durante l’esercizio del mandato, i senatori usufruiscono di tessere personali per i trasferimenti sul territorio nazionale, mediante viaggi aerei, ferroviari e marittimi e la circolazione sulla rete autostradale. Sul sito del Senato si legge che “tale trattamento, di cui è parte essenziale anche la pensione spettante dopo la cessazione dal mandato, è finalizzato a creare le condizioni per cui il parlamentare possa impegnarsi nelle sue funzioni – a scapito del lavoro o di altre attività economiche – senza dover dipendere da altri soggetti, incluso il partito politico cui appartiene”.
COSA PREVEDE LA RIFORMA
Il testo della riforma prevede che l’indennità parlamentare venga riconosciuta soltanto ai membri della Camera dei deputati, mentre ogni senatore riceverà soltanto l’indennità riconosciutagli per la carica per cui è stato eletto (ovvero sindaco e consigliere regionale). Chi siede a palazzo Madama avrà comunque a disposizione altre forme di rimborso: la diaria, il rimborso forfetario delle spese generali, il rimborso delle spese per l’esercizio di mandato e le facilitazioni di trasporto. Secondo la riforma, gli stipendi del presidente della giunta e dei consiglieri regionali saranno stabiliti da una legge bicamerale dello Stato e non più dalla Regione. L’articolo 122 della riforma stabilisce anche che l’importo non dovrà superare quello dei sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. I futuri senatori nominati dal presidente della Repubblica non riceveranno un’indennità. Mentre resta prevista per i senatori ex capi di Stato (articolo 40, comma 5) e quelli a vita attualmente in carica (articolo 39, comma 7).
L’ABOLIZIONE DEL CNEL
La riforma prevede anche l’abolizione del CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, un organo di consulenza delle Camere e del governo che può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale. Il CNEL è previsto dall’articolo 99 della Costituzione e nel 2015 era composto da 64 consiglieri, che ad oggi sono scesi a 24. Degli oltre 60 consiglieri del 2015, dieci erano nominati dal capo dello Stato e dal presidente del Consiglio, 48 membri dai rappresentanti delle categorie produttive (lavoratori dipendenti, dirigenti pubblici e privati, lavoratori autonomi e imprese) e sei sono eletti dai rappresentanti di associazioni e volontariato. La legge di stabilità 2015 ha abolito le indennità, i rimborsi spese per le attività dei consiglieri, il cui numero è sceso gradualmente negli ultimi anni: nel 2011 erano 120. A diminuire sono stati anche i costi: nel triennio 2008-2010 il costo si aggirava intorno ai 18,2 milioni l’anno. Attualmente il CNEL richiede una spesa di 8,7 milioni di euro.
In oltre cinquant’anni di attività, il Consiglio ha elaborato 970 documenti (96 pareri, 350 testi di Osservazione e Proposte, 14 disegni di legge, 270 rapporti e studi, 90 relazioni, 130 dossier che raccolgono gli atti di convegni ospitati al CNEL e 20 protocolli e collaborazioni istituzionali).
I POSSIBILI RISPARMI
Secondo i calcoli del ragioniere generale dello Stato, la riduzione del numero dei senatori (esclusi quelli nominati dal presidente della Repubblica) potrebbe garantire risparmi per 49 milioni di euro, 40 dei quali provenienti dal taglio delle indennità e circa 9 milioni dalla “cessazione” della diaria mensile. Mentre l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro, contenuta nell’articolo 39, comma 1, produrrebbe risparmi pari a 8,7 milioni di euro, 4,5 dei quali riconducibili ai costi sostenuti attualmente per il personale e circa tre milioni per mantenere Villa Lubin, la sede del CNEL.
La guida completa al referendum costituzionale a cura della redazione di T-Mag