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Quale futuro per le attività lavorative?

L'automazione dei processi produttivi porterà benefici alle aziende, soprattutto in termini di produttività, ma le nuove tecnologie non sostituiranno in via definitiva i lavoratori. La trasformazione riguarderà piuttosto compiti e mansioni
di Fabio Germani

Chiedete a un lavoratore statunitense con un livello di competenze non troppo elevato quale prospettiva lo spaventa di più. Risponderà – come ha già rilevato il Pew Research Center – che non si aspetta avanzamenti di carriera nella sua vita lavorativa. Nella peggiore delle ipotesi teme ulteriori demansionamenti, se non sostituzioni  – a favore di macchine o persone più qualificate – in un contesto di processi produttivi sempre più affidati all’innovazione tecnologica. Avrebbe ragione da vendere, quel lavoratore statunitense non particolarmente qualificato.

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Il McKinsey Global Institute ha condotto uno studio secondo cui circa la metà dei lavori potrebbero essere presto automatizzati, svolti cioè da robot o computer capaci di svolgere dettagliate mansioni. L’istituto stima in termini di salari – tenendo in considerazione, cioè, le persone che compongono la forza lavoro mondiale, pagate per quei specifici compiti – un valore pari a 16 miliardi di dollari. Il punto di cesura rispetto al passato, in relazione ad analisi che già andavano in questa direzione, è che non solo quelle fisiche e routinarie, ma anche le attività che prevedono l’impiego di capacità cognitive, sono a rischio sostituzione. In poche parole: l’automazione stravolgerà la vita lavorativa di tutti, chi più chi meno. Minatori o amministratori delegati.

IL QUADRO DI PREVISIONE
L’automazione di attività è in potenza uno scenario allettante per le aziende, che potrebbero così risparmiare non poco oltre che migliorare la qualità e la rapidità dei processi produttivi. I benefici dell’ingresso delle macchine potrebbero inoltre giovare alla produttività – un recupero che McKinsey stima a livello globale dello 0,8-1,4% su anno per il periodo 2015-2065 – in una fase poco brillante anche a causa dell’invecchiamento della forza lavoro, un ostacolo per molte economie.

McKinsey spiega che per analizzare l’impatto del fenomeno è opportuno procedere per singole attività. Ragionando per professioni, invece, meno del 5% in futuro potranno essere assorbite completamente dall’automazione. Però tutte le occupazioni (per settore di attività economica) hanno un potenziale margine, come emerge dal grafico riepilogativo dell’istituto:

Le attività che mostrano un certo grado di automazione potenziale – abbiamo già visto – sono quelle di tipo fisico, ma lo sono anche la raccolta e l’elaborazione dei dati. Negli Stati Uniti queste attività costituiscono il 51%, pari a quasi 2,7 miliardi di dollari in salari. La maggiore concentrazione di lavori per cui si può prevedere una tale rivoluzione è ripartita tra Cina, India, Stati Uniti e Giappone. In Europa paesi quali Italia, Germania e Spagna hanno un potenziale al 50% o poco meno (nel caso italiano sarebbero 11,8 milioni i lavoratori interessati). Osservando il grado di potenziale automazione per settori, percentuali elevate si registrano nel manifatturiero, alloggi e servizi di ristorazione e commercio al dettaglio (l’agricoltura conta il maggior numero di lavoratori coinvolti – 320 milioni – e una potenziale automazione al 49%).

LE PERSONE RESTERANNO INDISPENSABILI
Dunque esistono al mondo posti di lavoro che potrebbero saltare dall’oggi al domani? Contrariamente a quanto si pensi, McKinsey invita a non lasciarsi andare a conclusioni affrettate. La presenza dell’uomo nelle attività produttive sarà ancora indispensabile, semplicemente è necessario gettare le basi per nuovi modelli occupazionali e di business (e forse, aggiungiamo noi, anche sul piano degli impianti normativi). C’è da considerare, infatti, che gli stravolgimenti che le tecnologie di automazione potranno scatenare non è uno scenario senza precedenti. Si tratta – aggiunge l’istituto – di un ordine di grandezza simile a quanto accaduto nel 20° secolo, quando nei paesi sviluppati si è assistito ad un trasferimento del lavoro dal settore agricolo. Una situazione che tuttavia non provocò una disoccupazione di massa, anzi. In definitiva l’incremento di produttività stimato sarà possibile solo se le persone lavoreranno al fianco delle macchine, pur in presenza di un nuovo livello di cooperazione tra i lavoratori e la tecnologia.

@fabiogermani

 

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