Tutti i modi per definire gli autonomi
Con l’espressione lavoro autonomo si fa riferimento a tutte quelle figure professionali che svolgono indipendentemente il proprio lavoro. Per l’Istat, così come previsto dal Codice civile, il lavoratore autonomo è la persona che “si obbliga a compiere, attraverso corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente”, distinguendo alcune categorie: i liberi professionisti, gli imprenditori, lavoratori in proprio e i soci di categoria, coadiuvanti familiari e i prestatori d’opera occasionale. In Italia si sta discutendo da un po’ di ampliare le tutele ai lavoratori di questo tipo e la Camera ha di recente approvato un disegno di legge che va in questa direzione.
In realtà il discorso circa gli autonomi è stato già affrontato a livello europeo. Infatti, dal 2013, il “Piano d’azione imprenditorialità 2020” riconosce nell’abilità imprenditoriale e nel lavoro autonomo due fattori chiave per la crescita economica, sostenibile e inclusiva. In particolare la Commissione mira a promuovere le capacità professionali di categorie specifiche quali donne e disoccupati. In linea generale, ogni lavoratore dell’Unione europea, gode di alcuni diritti fondamentali: la salute, le pari opportunità, la tutela contro forme di discriminazione, elementi garantiti dalle singole nazioni. Eppure per gli autonomi le tutele si sono rivelate spesso troppo scarse, ragione che ha spinto in più occasioni gli eurodeputati a richiedere alla Commissione maggiore attenzione su questo fronte. Tale richiesta dipende anche dall’elevato numero di lavoratori classificabili in questa categoria in Europa, e in particolar modo in Italia. Nonostante il calo registrato negli ultimi anni a causa della crisi, gli autonomi nel terzo trimestre del 2016 risultano essere in Italia il 21,1% del totale degli occupati, secondi in percentuale solamente alla Grecia in cui rappresentano il 29,2%.
IL LAVORO AUTONOMO IN EUROPA
I paesi dell’Unione Europea sono in questo caso poco omogenei, anche perché non esiste una definizione giuridica condivisa di lavoro autonomo e spesso neanche una legislazione nazionale a tutela della categoria. Per esempio in Belgio i lavoratori vengono considerati autonomi nel momento in cui non sussistono le condizioni di subordinazione tipiche dei lavoratori dipendenti. In Francia il lavoratore autonomo, in base al codice civile, è colui che compie un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente (in questo caso gli autonomi rappresentano l’11,2% del totale degli occupati).
La Spagna è stata la prima a livello europeo a introdurre nel 2007 un ordinamento organico per i lavoratori autonomi – al 2016 il 16% del totale degli occupati –, uno statuto simile a quello già esistente per i dipendenti. Il contributo innovativo è stato soprattutto quello di sapersi adattare al mercato del lavoro sempre più complesso e individuare un’ulteriore figura, intermedia tra indipendenti e dipendenti: il lavoratore autonomo economicamente dipendente (trabajador autónomo económicamente dependiente, Trade), ovvero colui che è sì autonomo, ma che presta servizio in larga parte per un unico cliente (dal quale deve percepire almeno il 75% del suo reddito).
In Germania, dove la percentuale si attesta al 9,4%, la diversificazione tra autonomi e dipendenti è molto labile e riguarda la dipendenza personale da un committente. Il livello di dipendenza viene stabilito in base a criteri normativi di autonomia nell’orario e nell’organizzazione del lavoro. L’attenzione e le tutele sono rivolte in particolar modo ai lavoratori simil-dipendenti, coloro che pur essendo autonomi dipendono economicamente da un solo (o per più del 50% di reddito) cliente e che quindi secondo la legge sono più vulnerabili e assimilabili ai lavoratori subordinati. Per questo motivo in Germania i lavoratori simil-dipendenti godono di tutele tipiche dei dipendenti, come la possibilità di riunirsi in sindacati, di stipulare un contratto collettivo, di usufruire di permessi per la formazione e delle ferie pagate.
DAL SISTEMA IBRIDO AL “FALSO LAVORO AUTONOMO”
In Italia è interessante il caso di Intesa Sanpaolo che ha introdotto – in via sperimentale – una formula ibrida per i promotori finanziari, che saranno per metà liberi professionisti e per metà dipendenti con specifici contratti. In questo modo potranno usufruire delle tutele garantite ai subordinati e vedere riconosciuti, per esempio, il fondo pensione integrativo e la sanità complementare.
Non possiamo dimenticare, però, il fenomeno opposto, favorito dalla mancanza di adeguate tutele e norme: il “falso lavoro autonomo”, in cui lavoratori formalmente indipendenti lavorano in condizioni subordinate, ma senza godere dei benefici di questi ultimi, cosicché il datore può non applicare il diritto del lavoro e le norme di sicurezza sociale.