Robot al lavoro. Quali rischi per le persone?
Si consolida il coinvolgimento della robotica nei processi produttivi delle imprese e, anche se probabilmente in ritardo, qualcosa comincia a muoversi anche in Italia. Ad oggi, secondo una ricerca di Federmeccanica sulla penetrazione delle tecnologie digitali nelle imprese italiane, il 64% delle aziende ha integrato nei propri processi produttivi aspetti tecnologici come la sicurezza informatica, la robotica, la meccatronica, la stampa 3D, il cloud computing o l’IOT (internet delle cose), contro un quota pari al 36% in cui non è stato introdotto nessuno di questi strumenti.
Dunque oltre un’impresa su tre, stando ai dati – elaborati su un campione di oltre 500 imprese di micro, piccola, media e grande dimensione –, non ha integrato i propri processi produttivi con aspetti tipici dell’industria 4.0, nonostante gli adopters (ovvero quelle imprese che invece hanno adottato tecnologie abilitanti) possano vantare risultati migliori. Un altro studio – l’Osservatorio MECSPE realizzato dal Senaf – è andato un po’ più a fondo, coinvolgendo gli attori di un settore in particolare: quello della meccanica e della subfornitura, un comparto del manifatturiero più che necessario per la fabbricazione degli strumenti utili ai processi produttivi.
Ampie quote di imprenditori attivi nel settore hanno spiegato di aver introdotto una o più tecnologie abilitanti: il 30,6% ha infatti implementato ai processi produttivi della propria azienda soluzioni legate alla sicurezza informatica, il 20,7% alla robotica, il 20,1% alla meccatronica, il 16,5% al cloud computing e il 16,2% alla simulazione. Tutti strumenti verso cui potrebbero crescere gli investimenti nel corso del 2017. Secondo l’Osservatorio, entro la fine dell’anno in corso, oltre un terzo delle aziende (il 35,7%) adotterà soluzioni per garantire la sicurezza informatica, mentre oltre un quarto (25,8%) inserirà robot all’interno dei processi.
Altro dato interessante, e che debella leggermente la paura che lo sviluppo della robotica possa creare disoccupazione, è quello secondo cui quasi un imprenditore su due del settore interessato dall’indagine prevede un aumento dell’occupazione del settore, mentre solo il 4,7% ne prevede un calo.
Un rischio, quello della disoccupazione provocata all’avvento della robotica, che in linea generale non può essere trascurato. Secondo l’ultima ricerca del PWC (PriceWaterhouseCoopers), entro quindici anni il 38% dei posti di lavoro oggi disponibili nel marcato statunitense potrebbero essere occupati da robot. Quote simili interesseranno anche la Germania, con il 35%, e il Regno Unito, con il 30%. La differenza tra i vari gradi di penetrazione robotica, spiega il PWC, è data dal grado di istruzione degli addetti nei settori produttivi delle varie aree geografiche: dove il livello di istruzione è più alto, la sostituzione degli uomini con i robot è più difficile, al contrario dove il personale umano è meno specializzato sarà più facile da rimpiazzare con un automa.