Quando si vorrebbe lavorare di più
L’ampio “consenso” che la moderna cultura del lavoro sta acquisendo è legata ai nuovi paradigmi che la tecnologia e l’automazione stanno introducendo. Più flessibilità e più ore da dedicare al riposo e all’ozio, un’immagine che stona con le figure dei “supermanager” sempre operativi, quasi 24 ore su 24. Ma gestire il tempo libero, secondo le proprie opportunità, non è una fortuna per tutti: la retorica può sembrare poco concreta per la consistente platea di lavoratori che, al contrario, hanno la necessità di lavorare un numero maggiore di ore.
Ci troviamo perciò davanti a quella che si può definire una nuova dualità del mercato del lavoro, che vede lavoratori, soprattutto tra i dipendenti, che la BCE ha di recente definito “sotto-occupati”. Nella categoria rientrano gli impiegati che per motivi aziendali sono in esubero, coloro che invece pur lavorando otto ore non sono in grado di provvedere al raggiungimento di condizioni di vita soddisfacenti e i lavoratori in part time involontario. Sono persone quindi costrette a una riduzione del proprio orario lavorativo per cause sia dirette che indirette. Che siano cassaintegrati o lavoratori part time involontari, il loro desiderio sarebbe quello di poter lavorare (e quindi guadagnare di più), ma si allineano alle imposizioni pur di evitare il licenziamento. La sotto-occupazione secondo la BCE ha effetti negativi sulla crescita dei salari, indicando che “potrebbe tuttora persistere un alto grado di sottoutilizzo della manodopera”: un ulteriore freno all’inflazione – obiettivo di Francoforte è il raggiungimento del target prossimo al 2% –, in un contesto di incertezza economica ancora diffusa.
La Banca centrale europea stima che la percentuale dei sotto-occupati si attesta al 3% dei lavoratori totali nell’Eurozona, da aggiungere alle stime sui disoccupati. Per quanto riguarda l’Italia lo scenario non è di certo più favorevole per la crescita del paese, anche se l’ultimo Rapporto annuale dell’Istat descrive una situazione in miglioramento rispetto l’anno precedente. Secondo l’Istituto nazionale di statistica nel 2016 si riduce l’incidenza del part time involontario sul totale, che si attesta al 62,6% (dal 63,9 per cento del 2015). La percentuale rimane ancora molto alta, soprattutto se confrontata con la media UE (26,1%). Lo stesso rapporto mette in luce che aumentano nel 2016 le ore lavorate dai dipendenti italiani e al contempo diminuiscono le ore di cassa integrazione utilizzate. Dati positivi se consideriamo la diffusa involontarietà delle restrizioni sull’orario.