Come cambia il lavoro: gli artigiani
«Vedete lungo questa via? Le saracinesce sono abbassate. Qui un tempo era pieno di botteghe, ora non più». Rione Monti è tra i posti ideali a Roma per andare alla scoperta delle “vecchie” professioni artigiane. Luogo di tradizioni e valori, a due passi da Colosseo e Fori, oggi si presenta in maniera molto diversa. Dove un tempo sorgevano i tradizionali laboratori di fabbri, vetrai o calzolai, ora ci sono bar e locali notturni. I cocktail hanno sostituito gli arrotini. Poco più avanti, in una strada adiacente a Via Baccina, scrutiamo un falegname. Prima avevamo notato, su Via della Madonna dei Monti, la bottega di un fabbro, e ancora uno studio per le lavorazioni in plexiglass. In un primo momento eravamo persuasi di trovare più spunti: è allora che decidiamo di parlare con una signora del quartiere, interrompendo per pochi istanti la passeggiata in compagnia del suo cane in questa assolata mattina.
«Vivo qui da 40 anni e sono testimone di tutti i cambiamenti avvenuti nel rione – ci spiega –. Dopo il Giubileo del 2000 sono comparsi tanti locali frequentati la notte dal pubblico più giovane e dai turisti, in molti casi hanno preso il posto delle botteghe. Tra quelle storiche, resiste sul lato opposto un anziano vetraio. La viabilità, le attività commerciali, tutto è cambiato qui». Da quando la zona è diventata mèta turistica, più di quanto già lo fosse in passato, molti proprietari di appartamenti – racconta la nostra interlocutrice – hanno trasformato le case in B&B, spesso contraddicendo i regolamenti condominiali che vieterebbero l’avvio di servizi ricettivi. Per il resto, tante saracinesche giù. Anche all’interno del mercato rionale, riaperto da poco e pressoché vuoto.
Le imprese artigiane sono tra quelle che più hanno sofferto durante della crisi. In 10 anni – emerge dall’ultima ricerca di Tecnè Gli italiani e gli artigiani (stime su dati Info-Camere e Istat) realizzato in collaborazione con l’agenzia Dire (qui il rapporto completo) – il numero di imprese artigiane è sceso di circa 160mila unità. Al calo hanno contribuito, oltre alla crisi economica, anche le trasformazioni che hanno riguardato le nostre abitudini e gli stili di vita. Il comparto rappresenta il 25% del sistema produttivo italiano, un’eccellenza che – osservava l’Eurispes nel Rapporto Italia 2014 – «si sfaccetta in oltre 600 tipologie differenti di lavoro afferenti alla categoria “artigianato”», compresi gioiellieri, idraulici, barbieri e mansioni varie riconducibili al settore dei servizi, spesso alle prese con troppi adempimenti fiscali (il carico arriva al 43%, secondo recenti stime di Confartigianato) e una bassa congiuntura che ne ha, di fatto, rallentato l’attività.
Tanti fattori che, in un modo o nell’altro, hanno fatto declinare alcune tradizionali figure professionali, mentre se ne sono affermate di nuove. In Via della Madonna dei Monti – ricorda Stefano Antonelli, presidente dell’associazione culturale Arti e Mestieri del rione e titolare della bottega in cui si realizzano manufatti in plexiglass dove iniziò presto a lavorare con il padre – in circa 20 anni i laboratori sono passati da otto a tre. Il tessuto sociale è cambiato, gli affitti dei locali sono lievitati, la tecnologia ha penalizzato diversi settori: così è cominciata una fase di desertificazione lenta, ma duratura. «In più – ammette Antonelli – manca il ricambio generazionale. È difficile anche mettersi al proprio fianco dei ragazzi ai quali insegnare il mestiere, tanta è la burocrazia ed elevati i costi». Forse – ci aveva suggerito in precedenza il falegname di Via Sant’Agata de Goti, un 40enne proveniente dall’Albania che sette anni fa ha aperto la sua attività nel cuore di Roma – si è smarrita pure “la cultura dell’immaginazione” oltre che “la centralità del lavoro manuale”. «Desideravo costruire cose e alla fine sono riuscito a realizzare il mio sogno», ci aveva confidato.
Davvero si è persa la “cultura dell’immaginazione”? Difficile a dirsi. Non pochi studi sostengono che in futuro le professionalità basate sulle competenze manuali saranno alquanto richieste, perché in grado di garantire l’autenticità dei prodotti, più delle macchine di precisione. Nell’edizione 2014 del Rapporto Giovani curato dall’Istituto Toniolo emerge che oltre l’80% degli intervistati millenials è pronto a svolgere un lavoro di tipo manuale, soprattutto se ben pagato e sfogo per la creatività. Procedure amministrative più snelle e una pressione fiscale meno asfissiante di certo aiuterebbero le micro e piccole imprese a formare gli artigiani di domani. Anche perché un mercato vivace esiste ancora oggi, viene ricercato e le due entità – grande distribuzione vs. piccoli artigiani – possono coesistere. Al falegname di Rione Monti, ad esempio, gli affari sembrano andare piuttosto bene: «All’inizio avevamo anche un sito internet, che successivamente abbiamo dovuto chiudere per eccesso di domanda. Stavamo accumulando troppo lavoro e non riuscivamo a stargli dietro».
Secondo l’indagine di Tecnè Gli italiani e gli artigiani, nell’ultimo anno il 32% degli italiani si è rivolto ad un artigiano, acquistando un bene o un servizio. L’11% ha preferito in seguito cercare altrove, mentre il 46% ha optato per una diversa soluzione. Si sceglie di ricorrere al fai da te – di solito promosso nei punti vendita e catene della grande distribuzione – principalmente per risparmiare e, nel caso in cui non si possa fare a meno di un artigiano, chiedere consigli ad amici e affidarsi al “passaparola” è una buona idea. Il 42% degli intervistati ritiene “molto” importante acquistare prodotti di artigiani italiani perché “sinonimo di qualità”, il 44% “abbastanza” perché dipende da cosa si intende acquistare.
Il nostro tour alla riscoperta delle vecchie professioni riprende. Qualche metro più in là rispetto a Via Sant’Agata de Goti, c’è Via dell’Angeletto. Qui si trovano botteghe e laboratori di qualità, che strizzano l’occhio ai turisti di passaggio. C’è la bottega d’arte specializzata nella lavorazione del micromosaico, una particolare tecnica per la lavorazione del mosaico che a Roma, alla fine del ‘700, ha trovato la sua più alta espressione. Sono pezzi pregiati che possono valere ingenti somme, non sempre alla portata di tutte le tasche. Ad ogni modo il turismo può essere d’aiuto: «Spesso produciamo su commissione – dice Luigina Rech dell’associazione culturale Il Micromosaico, artista di lunghissimo corso e allieva di Vincenzo Renzi, maestro mosaicista dello Studio Vaticano –. Capita che gli stranieri in visita si fermino, diano un’occhiata e ordinino dei lavori specifici. Vendere sul momento è più difficile». Nella bottega vengono inoltre organizzati corsi d’arte.
Il mondo del lavoro non è più lo stesso e le piccole realtà concentrate sul territorio, che tanto contribuiscono all’affermazione del Made in Italy, stanno ora incontrando difficoltà e nuovi ostacoli. Introdurre innovazioni nelle attività può essere una delle soluzioni per competere sul mercato (in continua evoluzione) e provare ad allargare l’orizzonte, con un approccio più glocal. La tecnologia può essere talvolta penalizzante, ma anche favorire nuovi modelli di business, specialmente quelli in forma autonoma. Potremmo citare Etsy quale caso di studio, il marketplace che permette agli artigiani di aprire un negozio virtuale e vendere le proprie creazioni agli utenti interessati. Un lavoro non svanisce dall’oggi al domani, tuttavia si coglie una manifesta preoccupazione: secondo il 90% degli intervistati nel sondaggio Tecnè l’economia italiana perderebbe posizioni se la figura dell’artigiano sparisse (“molto” per il 43%, “abbastanza” per il 47%). E nel più catastrofico degli scenari l’impatto sui livelli occupazionali sarebbe a dir poco rilevante.
Foto di Matteo Buttaroni
Ha collaborato Silvia Capone