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Luci e ombre del mercato del lavoro

Per Confindustria il lavoro «non è la Cenerentola della ripresa». Vero. Ma al tempo stesso un'analisi qualitativa aiuta a capire perché la risalita economica stenta a decollare e tante persone in Italia vivono in condizioni ancora molto difficili
di Fabio Germani

Secondo il Centro Studi di Confindustria il mercato del lavoro «non è la Cenerentola della ripresa» perché, oltre al recupero già registrato nell’ultimo periodo (900 mila posti di lavoro creati tra il 2014 e il 2017), le stime indicano che alla fine del 2019 il numero delle persone occupate sarà superiore di 370 mila unità rispetto ai valori pre-crisi del 2008. I livelli occupazionali sono tornati a crescere, allargando l’orizzonte anche nel contesto europeo (che quest’anno segna il record del numero di occupati nell’UE e nell’Eurozona, stando ai dati Eurostat). Ma un’analisi completa, osservando cioè le diverse dinamiche che caratterizzano il mercato del lavoro nel suo complesso, metterebbe in mostra alcuni punti deboli che ancora permangono. Restando al caso italiano, che più ci interessa da vicino: crescono gli occupati, vero, ma il tasso di disoccupazione resta piuttosto alto (ma va precisato che ciò dipende anche dalla diminuzione dell’inattività) e in termini di ore lavorate il divario è ancora rilevante rispetto ai livelli 2008.

Il recente rapporto Il mercato del lavoro: verso una lettura integrata di Istat, Inps, Inail e Anpal osserva, ad esempio, tanto «la ripresa» quanto «i fattori di debolezza». La ripresa dell’occupazione è rilevante per il lavoro dipendente e nel settore privato dell’economia, si legge nel rapporto, ma continua il declino del lavoro indipendente e dell’amministrazione pubblica (-220 mila unità di lavoro fra il 2008 e 2016) «a causa del lungo blocco del turnover». L’incremento registrato nell’ultimo biennio si concentra nell’agricoltura, nei servizi e anche l’industria ha mostrato segnali evidenti di ripresa. In compenso l’occupazione nelle costruzioni continua a ridursi in modo ininterrotto dal 2009. La crescita degli occupati ha riguardato solo i dipendenti. Ma dal 2014 sono aumentati soprattutto quelli a termine, con un rallentamento nei due anni successivi, per poi registrare un’impennata quest’anno, fino a toccare il massimo storico nel secondo trimestre 2017 (2,7 milioni di unità). All’incirca nello stesso periodo sono migliorati anche i livelli per l’occupazione a tempo indeterminato – grazie soprattutto agli interventi di decontribuzione –, ma ad un ritmo inferiore. Altri elementi da sottolineare: l’occupazione oggi va meglio anche nel Mezzogiorno, eppure sono aumentati i divari territoriali. Si è ridimensionato, invece, il gap di genere. Una bella notizia, no? Dipende. Sicuramente il lavoro è cresciuto per la componente femminile (e sarebbe opportuno, qui, parlare nuovamente delle tipologie contrattuali applicate…), tuttavia ad avere ridotto le distanze ha contribuito anche la crisi che «ha colpito soprattutto i settori di attività con maggiore presenza maschile». Insomma, un’indagine qualitativa sull’andamento del mercato del lavoro in Italia – seppure molto rapida come nel nostro caso –, mette in luce quali sono gli aspetti più o meno decisivi che determinano la fragilità della nostra ripresa: incertezza, consumi che ripartono ma non troppo, difficoltà per le famiglie e per alcune specifiche categorie di lavoratori (gli autonomi su tutti), poveri e persone a rischio povertà o esclusione sociale. Che non sono poche nel nostro paese.

@fabiogermani

 

1 Commento per “Luci e ombre del mercato del lavoro”

  1. […] di recente, è stato affrontato in diverse occasioni su queste pagine. Ciò che emerge in maniera netta dagli ultimi dati Istat è […]

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