Italia penultima in Europa per laureati, cosa spiegano gli ultimi dati Eurostat
Una persona su sei, tra quelle in età da lavoro. Questo è il dato medio relativo a quanti hanno una laurea in Italia. In altre parole l’Eurostat conferma qualcosa che sapevamo già: il nostro Paese resta penultimo in Europa per laureati e peggio di noi fa soltanto la Romania. Dall’indagine sui livelli di istruzione nel 2017 emerge, inoltre, che l’Italia presenta una percentuale di persone con al massimo la licenza media di gran lunga superiore al livello registrato complessivamente in Europa.
Niente di nuovo, in realtà. Così come non è nuovo osservare che in Italia c’è un problema di fondo. L’università, che dovrebbe rappresentare il raccordo con il mondo imprenditoriale, non sempre riesce a soddisfare appieno le esigenze di un giovane che si appresta ad entrare nel mercato del lavoro. Certo, le distanze ci sono e più il titolo di studio è alto, maggiori saranno le opportunità. Per rendere l’idea: al quarto trimestre 2017, tra i laureati e oltre il tasso di occupazione si attesta al 78,4%, tra i diplomati al 63,9% e tra coloro in possesso di un titolo di studio fino alla licenza media al 43,9% (eppure questi divari si sono attenuati, informa l’Istat), tuttavia alcune lacune che caratterizzano il nostro mercato del lavoro, quindi già in precedenza osservabili, sono oggi addirittura peggiorate. Spesso è il retaggio della crisi economia, altre volte si tratta piuttosto di ritardi strutturali. In ogni caso elementi che il più recente rapporto AlmaLaurea aveva messo in risalto. Ad un anno dal titolo il tasso di occupazione (che considera occupati anche quanti sono in formazione retribuita) è pari al 68% dei laureati triennali e al 71% dei laureati magistrali biennali. I dati sono in miglioramento, ma è un lieve recupero rispetto alla contrazione registrata tra il 2008 e il 2013 (-16 punti percentuali per i triennali e -11 per i magistrali biennali). Per quanto riguarda invece le retribuzioni, in media sono di 1.104 euro mensili netti per i laureati triennali e di 1.153 euro mensili netti per i laureati magistrali biennali. Anche in questo caso in aumento, solo che i livelli sono parecchio al di sotto di quelli del 2007.
Quanto è coerente, poi, il lavoro svolto con i titoli di studio conseguiti? Non c’è molto di cui gioire. Appena la metà definisce il titolo “molto efficace o efficace” e in generale, a partire dal 2008, l’efficacia del titolo risulta in verità in calo. Ecco perché i più giovani, i quali continuano a registrare le maggiori difficoltà occupazionali, possono talvolta decidere di intraprendere percorsi che non contemplino il prosieguo degli studi, nella speranza di favorire un più rapido ingresso nel mercato del lavoro (tornano in questo senso i dati, anch’essi recenti, della Commissione europea secondo cui oltre 500 mila studenti nel 2016 hanno rinunciato a conseguire la laurea). Uno scenario comunque difficile alla luce degli ultimi dati sulla disoccupazione giovanile (salita al 32,8% a febbraio) a cui si può aggiungere il 16,7% del tasso di disoccupazione nella classe di età 25-34 anni, dove sicuramente non mancano i laureati. In un anno (febbraio 2017-febbraio 2018) gli occupati tra i 25 e i 34 anni, che dovrebbero essere uno zoccolo duro della forza lavoro, sono diminuiti di 52 mila unità e i disoccupati di 66 mila, a fronte di un aumento di 44 mila inattivi.
[…] di NEET appare il problema più gravoso, considerato che al pari degli abbandoni scolastici e il numero di laureati ci posiziona nelle ultime posizione […]