Elezioni midterm, la sfida a Trump dalla Georgia al Texas
Il 6 novembre negli Stati Uniti – lo abbiamo già visto – non si voterà soltanto per rinnovare il Congresso. Quel giorno, infatti, verranno eletti i governatori di 36 Stati, un test dunque molto importante per entrambi i principali partiti, Repubblicani e Democratici. Ogni elezione fa storia a sé, ma siccome si vota Stato per Stato anche alle presidenziali una valutazione a livello locale di quello che è il sentimento degli elettori può essere utile per capire quali possibili scenari potranno verificarsi nel futuro più immediato, con l’appuntamento del 2020 all’orizzonte. Tutto ciò in una cornice particolare, che ha avuto il picco nella giornata di mercoledì 24 ottobre quando sospetti pacchi bomba sono stati inviati agli ex presidenti Clinton e Obama e negli uffici della CNN a New York.
DOVE SI VOTA
Un elenco, tanto per cominciare. Gli Stati chiamati al voto per eleggere i governatori sono (in rigoroso ordine alfabetico): Alabama, Alaska, Arizona, Arkansas, California, Carolina del Sud, Colorado, Connecticut, Dakota del Sud, Florida, Georgia, Hawaii, Idaho, Illinois, Iowa, Kansas, Maine, Maryland, Massachusetts, Michigan, Minnesota, Nebraska, Nevada, New Hampshire, New Mexico, New York, Ohio, Oklahoma, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island, Tennessee, Texas, Vermont, Wisconsin, Wyoming.
L’OMBRA DI SANDERS
Soprattutto da parte democratica, diverse sono le storie che vale la pena conoscere. Un trend, un andamento, in America possono cambiare a distanza di pochi chilometri, oppure sulla base del tipo di elezione su cui effettivamente i cittadini dovranno esprimersi. Il sogno di Alexandria Ocasio-Cortes, la 28enne di origini portoricane nata nel Bronx che ha battuto un politico esperto e molto influente nel Partito democratico come Joe Crowley e che ora correrà per il Congresso, non potrà essere lo stesso di Cynthia Nixon, ex star di Sex and The City e aspirante governatrice dello Stato di New York, battuta agevolmente alle primarie di settembre dall’uscente Andrew Cuomo. Però, al di là della disfatta di un’attrice e attivista politica già molto conosciuta (con il senno di poi: forse i media hanno seguito con troppa attenzione la sua candidatura), sembrano esserci dei punti fermi in questo racconto: spesso sono donne – sono tante di più le candidate democratiche rispetto a quelle repubblicane –, spesso rappresentano una (potenziale) prima volta e altrettanto spesso mostrano una costante: Bernie Sanders. Stacey Abrams in Georgia, Lupe Valdez in Texas, Christine Hallquist nel Vermont e in precedenza la stessa Cynthia Nixon hanno sostenuto o hanno ottenuto l’endorsement del candidato alle presidenziali 2016 e principale sfidante di Hillary Clinton alla nomination. A conferma, quindi, di un dirottamento ormai diffuso tra i democratici verso posizioni più radicali. La risposta inevitabile alla persona – Donald Trump – che dimora alla Casa Bianca? Un’ipotesi che non si può escludere del tutto, ma il dato politico è che Sanders è riuscito a costruirsi un seguito non indifferente.
LE STORIE POLITICHE CHE VALE LA PENA CONOSCERE
Stacey Abrams, in caso di vittoria in Georgia, sarebbe la prima donna afroamericana a vincere in uno Stato americano, oltretutto in uno Stato rappresentativo del retaggio del Sud razzista. Abrams, 44 anni, ha ricevuto il sostegno non solo di Sanders, ma anche di Hillary Clinton. La sua agenda politica è concentrata soprattutto sulla sanità e la principale proposta è l’estensione del programma Medicaid (a sostegno delle famiglie con basso reddito e gestito dai singoli Stati) che è convinta – ha spiegato di recente il New York Times – aiuterà le città rurali in difficoltà e a non far saltare il bilancio, considerati gli ingenti costi per il governo federale dell’Affordable Care Act. Lupe Valdez, 70 anni, candidata in Texas, ex sceriffo della contea di Dallas, è lesbica ed è in corsa per diventare la prima governatrice di origini latine. Per Christine Hallquist, 62 anni, è di fatto già una prima volta: è la prima candidata governatrice transgender degli Stati Uniti, nel suo caso nel Vermont, che è molto caro a Sanders. Interessante, poi, è la sfida in Florida tra il democratico Andrew Gillum (39enne sindaco di di Tallahassee e primo candidato afroamericano a governatore dello Stato) e il repubblicano di orgini italiane Ron DeSantis, 40 anni. Capace di mobilitare le ali più a sinistra della base elettorale democratica il primo (tanto per cambiare, sostenuto dal solito Sanders), conservatore tutto d’un pezzo il secondo, in linea con le posizioni più note di Trump. Una corsa elettorale che divide molto: Gillum ha qualche grattacapo proprio a Tallahessee a causa di inchieste su presunti casi di corruzione in città; DeSantis è stato accusato di recente di razzismo per alcuni attacchi, poco ortodossi, rivolti al rivale.
DeSantis risponde sui commenti ritenuti razzisti nel dibattito tv con Gillum
COSA DICONO I SONDAGGI
Qui è dove un certo tipo di narrazione cede il posto alla realtà. Il fatto è che molti dei repubblicani in lizza per diventare governatori sono – chi più, chi meno – emuli in qualche modo del trumpismo, che continua a fare presa in aree piuttosto ampie degli Stati Uniti. In Georgia la situazione è complessa. Sondaggi alla mano, Abrams sembra non avere chance contro il repubblicano Brian Kemp. Quest’ultimo è il segretario di Stato uscente e alcune organizzazioni vicine alla candidata democratica hanno denunciato non pochi problemi con le registrazioni di voto, procedure che dipendono proprio dal suo ufficio. In Texas il governatore Greg Abbott dovrebbe ottenere la riconferma ai danni di Valdez. Situazione analoga nel Vermont, dove pare impossibile – ad oggi – che Hallquist possa strappare la poltrona di governatore all’uscente Phil Scott. Molto più aperta, invece, la sfida in Florida: dalle ultime rilevazioni Gillum sarebbe in vantaggio, ma con una manciata di punti di distacco da DeSantis. E il copione si ripete in diversi altri Stati, con i candidati repubblicani premiati dai sondaggi.
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