Usa 2020. Quali scenari con la procedura di impeachment contro Trump?
L’annuncio della speaker della Camera, Nancy Pelosi, apre una serie di interrogativi: tra poco più di un anno gli Stati Uniti saranno chiamati ad eleggere il nuovo inquilino della Casa Bianca
di Fabio Germani
Con l’avvio dell’indagine formale nei confronti di Donald Trump, annunciata dalla speaker della Camera, Nancy Pelosi, tutte le osservazioni del caso sono già proiettate all’ottobre 2020, quando negli Stati Uniti si terranno le presidenziali. Per alcuni, anche tra gli stessi Dem, la mossa è tardiva. Per altri, al contrario, potrebbe addirittura dimostrarsi controproducente, soprattutto se il presidente statunitense sarà abile a cavalcare l’onda della caccia alle steghe, rinvigorendo così la sua base elettorale. Non è semplice fare previsioni. In primo luogo perché non esistono molti precedenti legati alla procedura di impeachment (appena due: Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998, entrambi però si conclusero con un nulla di fatto, mentre Richard Nixon – travolto dallo scandalo Watergate – preferì dimettersi prima, nel 1974). In seconda battuta perché la procedura di impeachment stessa è alquanto complessa. Per mettere il presidente in stato di accusa, serve che al Senato – cui spetta l’istituzione del “processo”, mentre l’inchiesta viene svolta dalla Camera – ci sia una maggioranza qualificata dei due terzi (che è di 67 voti: attualmente i repubblicani ne contano 53 e i democratici 47, dunque l’esito potrebbe essere a favore del presidente). E non è scontato neppure che la Camera dia il primo via libera alla procedura, anche se ormai il dado è tratto. Lo scoglio principale, per assurdo, era rappresentato proprio da Nancy Pelosi.
Come si è convinta la leader alla Camera, se nemmeno il Russiagate aveva stuzzicato l’idea di un impeachment? A quanto pare il caso delle pressioni di Donald Trump sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky di indagare sugli interessi in Ucraina di Hunter Biden, figlio dell’ex vicepresidente e maggior contendente alla Casa Bianca, Joe, è l’ultimo tassello che ha spinto definitivamente Pelosi ad abbandonare l’atteggiamento prudente che aveva fin qui mantenuto. Trump, stando alle ricostruzioni di diversi media Usa seguite alla denuncia di un funzionario dell’intelligence americana, in una telefonata avvenuta a luglio avrebbe fatto pressioni su Zelensky e, già in precedenza, sospeso un pacchetto di aiuti finanziari all’Ucraina, probabilmente per avere un maggiore peso contrattuale in vista della sua richiesta. Sono arrivate in questi giorni delle parziali ammissioni, tanto dal presidente quanto dal suo avvocato e consigliere per la sicurezza informatica, Rudolph W. Giuliani. Tuttavia Trump ha autorizzato la trascrizione della telefonata al fine di dimostrare la bontà delle sue azioni. Ad ogni modo, l’accusa che i democratici rivolgono a Trump è il tentativo di trarre un vantaggio politico coinvolgendo un paese straniero, quindi di tradimento.
Quali ripercussioni ci saranno per la campagna elettorale, che nel frattempo proseguirà? Nel lungo periodo è difficile azzardare previsioni. Potrebbe avere qualche vantaggio, almeno nell’immediato, Joe Biden, il quale per il momento esce bene dalla vicenda (anche perché il caso che riguarda suo figlio, in verità, non desta particolari sospetti). Trump, però, ha già iniziato la sua crociata dialettica verso chi vorrebbe allontanarlo dalla Casa Bianca a poco più di un anno dal voto.
Di sicuro la vicenda potrebbe polarizzare ulteriormente le posizioni in campo, considerando che l’America degli ultimi anni è un paese piuttosto diviso su tantissimi argomenti, come dimostrano anche le più recenti rilevazioni del Pew Research Center, dall’economia alle questioni domestiche fino alla politica estera. Sul fronte democratico, sarà curioso ora osservare in che modo i candidati alle primarie – Biden su tutti per ovvie ragioni – proveranno ad avvantaggiarsi della situazione, ammesso che la strategia paghi (tra i più accaniti sostenitori della possibilità di avviare la procedura spicca la senatrice Kamala Harris). Ad oggi, e forse si tratta del dato più interessante, sappiamo che in Iowa – il primo Stato chiamato a esprimersi su chi dovrà sfidare Trump alle presidenziali di ottobre 2020 – Elizabeth Warren ha sorpassato nei sondaggi Biden, qualcosa che per l’ex vicepresidente dovrebbe suonare abbastanza come un campanello d’allarme. È probabile, inoltre, che si accentuerà la sfida nella sfida già in termini di legacy, ovvero del mondo che, nel prossimo futuro, immaginano i candidati. Visioni contrapposte, con Trump che martedì 24 settembre ha lanciato il suo “manifesto sovranista” parlando all’Assemblea Onu: «Il futuro non appartiene ai globalisti. Il futuro appartiene ai patrioti. Il futuro appartiene a paesi forti e indipendenti. Globalismo ha esercitato un’attrazione religiosa sui leader del passato facendo sì che alla fine questi ignorassero i loro interessi nazionali. Quei giorni sono finiti». Sullo sfondo, infine, resta la guerra commerciale con la Cina e l’impatto che avrà sulle tasche degli americani. Pechino intende proseguire le trattative, ma senza minacce o interferenze. Non vuole «giocare al Trono di Spade», ha fatto sapere in queste ore.
(articolo aggiornato dopo la diffusione della trascrizione della telefonata Trump-Zelensky)
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