Usa 2020. A un anno dal voto
Cosa dicono i sondaggi, ma, soprattutto, il tema del momento: l’impeachment
di Fabio Germani
Non è banale parlare di Stati Uniti in questi giorni. Tra un anno esatto, infatti, conosceremo il nome del nuovo inquilino della Casa Bianca: si voterà il 3 novembre 2020. Donald Trump otterrà la conferma o sarà un democratico a prendere il suo posto? È presto, ovviamente, per fare pronostici. Anche se qualche elemento per provare a descrivere uno scenario verosimile, già ora non manca.
Impeachment: impossibile non partire da qui. La scorsa settimana la Camera dei rappresentanti ha dato il via libera formale alla procedura – nell’ambito del cosiddetto Ucrainagate (in sintesi, secondo le accuse, Trump avrebbe fatto pressioni a luglio al neopresidente ucraino, Volodymyr Zelensky, allo scopo di avviare un’inchiesta nei confronti dell’ex vicepresidente Joe Biden e di suo figlio Hunter) –, che però non equivale ad un vero e proprio stato di accusa. Saranno alcune commissioni parlamentari, quella Giustizia in particolare, a indagare sul presidente e in caso di prove ritenute sufficienti, sarà allora la Camera a doversi esprimere su quanto raccolto. Qui serve la maggioranza semplice (la Camera è a trazione democratica) e in caso di voto favorevole, scatta lo stato di accusa. È al Senato che si terrà il “processo” e la strada per i democratici è in salita, considerando che serviranno i due terzi dei senatori per votare l’eventuale colpevolezza e in questo ramo del Congresso la maggioranza appartiene ai repubblicani.
Cosa pensano, però, gli americani di tutta questa faccenda? Una ricerca del Pew Research Center, diffusa a metà ottobre, afferma che il 54% approva la decisione della Camera di condurre un’indagine, dato che trova conferme nei casi di elettori democratici, ma che viene ribaltato tra quelli repubblicani (di tutt’altra opinione). Secondo un più recente sondaggio Nbc/Wall Street Journal, reso pubblico nelle scorse ore, la metà degli americani si dichiara a favore dell’impeachment.
Di per sé, tutto ciò, non implica che Trump abbia poche chance di essere rieletto. La tradizione in qualche modo conta e tendenzialmente gli elettori americani rinnovano la fiducia al presidente uscente, spesso nell’ottica di un lavoro da portare a compimento nell’arco dei due mandati. Né devono trarre in inganno i recenti sondaggi politici, che vedono i principali pretendenti democratici alla Casa Bianca, da Joe Biden a Elizabeth Warren, da Bernie Sanders a Pete Buttigieg – a proposito: Beto O’Rourke ha ritirato la sua candidatura qualche giorno fa, mentre Kamala Harris appare al momento molto ridimensionata – in vantaggio su Trump, com margini che possono aumentare o diminuire a seconda del candidato. Non va dimenticato – le presidenziali del 2016 hanno fatto scuola in questo senso – che in America si vota Stato per Stato, dunque le rilevazioni su base nazionale possono nascondere talvolta delle insidie: soprattutto in questa fase andrebbero presi con le molle. Un primo segnale dell’orientamento dell’elettorato potrebbe giungere proprio a breve, martedì 5 novembre, con le elezioni dei nuovi governatori in Kentucky, Mississippi e Virginia.
Le divisioni negli Stati Uniti restano evidenti, su molti temi. Ad esempio, una delle ultime indagini del Pew Research Center, mette in risalto il diverso approccio di elettori democratici e repubblicani sulle discriminazioni nei confronti delle minoranze, afroamericani specialmente. Ma anche sull’economia, sul lavoro, sulla riforma fiscale fortemente voluta dall’attuale amministrazione.
Amarcord: oggi, 4 novembre 2019, ricorrono undici anni dall’elezione di Barack Obama, primo presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti.
Le puntate precedenti
Usa 2020. Quali scenari con la procedura di impeachment contro Trump?
Usa 2020 ai nastri di partenza