Cosa c’è sotto la chiusura di “Ffwebmag”
Non si può lasciar passare sottogamba la chiusura del magazine della fondazione “Fare Futuro”. L’editore ha annunciato il cessate il fuoco per le difficoltà spravvenute nel far fronte ai costi redazionali: l’obiettivo era quello di raggiungere l’autonomia finanziaria entro un anno, questo non è avvenuto e quindi tutti casa. La notizia non meriterebbe particolare attenzione, perché di giornali in difficoltà ce ne sono tanti, ma il fatto che si parli del giornale amico dei finiani rende la cosa più interessante sotto molti aspetti.
Tralasciando l’aspetto politico, perché certo desta stupore che i finiani si privino della loro corazzata sul web proprio nel momento in cui hanno forse più bisogno di tutta la loro potenza di fuoco, qui vogliamo porci alcune domande crediamo non banali.
Fino a prova contraria dovremmo vivere il momento della grande migrazione dell’informazione verso il web. E fino a prova contraria il dibattito politico e il relativo gossip dovrebbero essere oggi gli unici temi in grado di interessare il grosso pubblico. Posto poi che un giornale “politico” non può fare a meno della sua sponda militante, attiva a vari livelli, come si spiega che Fare futuro chiuda non mancando di nessuno dei requisiti richiesti per ottenere almeno un minimo di successo?
Possibile che una fetta di elettorato che si aggira intorno al 5% non costituisca anche un lettorato minimo che possa dare sostenibilità a un giornale di area che, per di più, è fiffuso solo on line?
La notizia è stata accolta dal web in modo contrastante. Le regole del mercato non fanno deroga, hanno detto in molti. Ma c’è pure chi in questa chiusura non ci ha visto chiaro. E non gli si può dar torto. La chiusura di Farefuturo in effetti sembra strana anche a noi: sembra tanto quel passo indietro che serve a fare un balzo in avanti. Il mercato ha le sue regole, certo, ma anche la fisica ha le sue pretese.