L’io-ipertrofico si è ammalato
Dopo averlo a lungo evocato, l’anno zero, alla fine, è arrivato. Si avverte l’assenza di valori, di costumi edificanti e ci si sente immersi in una società nascosta nel quale predominano gli spazi grigi e la notte della coscienza, dove si muovono figure oscure e si compiono delitti senza alcuna motivazione in un continuo superamento di limiti morali. D’altronde l’io-ipertrofico si è definitivamente ammalato. Troppo a lungo si è nutrito dei titoli di Borsa, del valore della conversione dell’etica in euro, dell’espansione verso nuovi mercati e nuovi individui. Per troppo tempo si è fermato a guardare l’ombra riflessa dalla fiamma della vanità, fissando insistentemente solo una parte della propria figura, quella che custodisce il profilo dell’individuo isolato, senza-comunità, ispirato da una divinità ingorda.
Ma è proprio da qui che può essere recuperato l’io-solidale capace di accrescersi e rafforzarsi in un sistema di valori e di solidarietà intelligente. Occorre, però, un “nuovo inizio”, dove il senso del “progetto” non sia solo nelle regole scritte, ma nel comune sentire di una civile appartenenza, che tragga forza dal desiderio di dirigersi non solo verso l’utile ma verso il bene della comunità.