Il sacro quorum: come governare senza votare
La moratoria sul nucleare che fa capolino dal decreto legge “omnibus” (sul quale domani si voterà la fiducia) ripropone con una certa stanchezza la possibilità di un dibattito sull’istituto del referendum abrogativo. L’occasione si è avuta in verità più volte, ma in nessun caso si è potuto approdare a una sintesi che fermasse almeno un punto da cui ripartire ogni volta. Il punto sensibile (che non riguarda però la moratoria) in genere è quello del quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto che è richiesto perché un referendum abrogativo possa sortire effetti. La domanda quindi è sempre la stessa: è giusto che in un Paese in cui si parla quotidianamente di deficit di partecipazione dei cittadini alla politica venga posto un limite così castrante dell’iniziativa popolare, al punto da rendere dominante l’inerzia di chi sceglie di non esprimere il proprio parere in occasione dei referendum?
La grande ingiustizia risiede nel sistema di computazione dei voti espressi, giacché coloro che si astengono con il deliberato scopo di far fallire il referendum aggiungono alla loro forza elettorale la quota inerte di quanti non si recano al voto a prescindere, intestandosene la cifra.
Il sistema del quorum, ideato per evitare la dittatura della minoranza, in questo modo produce esattamente l’effetto che il costituente intendeva scongiurare, il tutto con un effetto tremendamente deleterio dal punto di vista civico.
Il principio del diritto-dovere al voto diviene infatti ridotto a mero orpello retorico e catalogato nel novero di quei buoni ideali che spesso condiscono i richiami del Quirinale, ma che dato lo stato di cose che ne sancisce l’esilio dalla realtà, meglio si immaginano su un affollato e triste Aventino del senso civico.
Si tratta di un argomento tanto logoro che neanche la più opportunistica dialettica politica prova più a farvi riferimento. L’idea della moratoria sul nucleare è stata additata dall’opposizione come una furbata-legittima, ed anche il voto che ha scongiurato la possibilità dell’accorpamento del referendum alle amministrative (che è costato trecento milioni di euro) è stato argomento di accesa polemica tra le parti. Ma mai, in tutto ciò, tra allarmi di lesa democrazia e denunce di ogni genere, si è provato a riaprire l’argomento dell’odiosissimo quorum. Una brutta prova, l’ennesima, che dice quanto l’agenda politica ogni giorno insegua solo se stessa. Vanamente, senza senso e costrutto, come in una Repubblica di sabbia.