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COME VOTEREMO NOI DI T-MAG AL REFERENDUM

Redazione

T-Mag è sicuramente diverso da altri magazine. Il nostro obiettivo non è informare, attività che altri fanno sicuramente meglio di quanto saremmo in grado di fare noi, ma fornire un contributo nella ricerca di senso rispetto a ciò che accade nel mondo che abitiamo. Il senso della comunicazione è, non a caso, il disclaimer della testata. Ció non vuol dire che ci occupiamo di comunicazione in senso stretto, bensí di ció che viene messo “in comune” in quell’aggregato di uomini e donne che chiamiamo società. Questo obiettivo, sicuramente ambizioso, presuppone che non ci siano scelte di campo o dogmi, ma soltanto “punti di vista” che discendono da fatti che

hanno un “senso”, quando non una vera e propria “direzione di marcia”. In quest’ottica ci siamo a lungo chiesti se fosse o meno il caso di dire la nostra sui referendum del 12 e 13 giugno. Su un aspetto abbiamo immediatamente concordato: non possiamo e non vogliamo avere un ruolo di promotori di una posizione rispetto a un’altra. Non inviteremo, quindi, a votare un Si o un No ai referendum. Allo stesso tempo peró non vogliamo e non possiamo tirarci indietro perchè riteniamo che, al di là dei quesiti tecnici, questi referendum abbiano un contenuto che parla di futuro e di sviluppo e che, proprio per questo, non possono essere ridotti a un voto utile per la “spallata” decisiva al Governo. Troppo importanti sono le materie – ci riferiamo in particolare ai due quesiti sull’acqua e al referendum sul nucleare – oggetto di riflessione che riguardano lo sviluppo del sistema-paese e la collettività. Coerenti a questa premessa, vi racconteremo cosa faremo noi e non cosa dovrete fare voi, pronti come sempre a ospitare opinioni diverse dalle nostre. Ecco quindi le nostre ragioni per votare sì per tutti e quattro i quesiti proposti dai referendum. Per quanto riguarda i 2 referendum “sull’acqua” poggiamo le nostre considerazioni sul buon senso: l’acqua ancor prima d’essere un bene pubblico rappresenta un bene indispensabile al soddisfacimento di un bisogno primario dell’uomo. Per cui, con cura lapiriana, sarebbe giusto che tale bene non fosse mai sottoposto a regimi normativi che in qualche modo l’equiparino ad altri beni, suscettibili normalmente delle regole del mercato e delle decadenze di possibili e improvvide gestioni. Crediamo che i servizi pubblici vadano molto migliorati ma che debbano continuare a svolgere la loro funzione: così è per la sanità e l’istruzione, ed altrettanto vale per l’acqua. Quanto al quesito che si riferisce al legittimo impedimento non abbiamo altri argomenti da aggiungere a quanto già la Costituzione definisce con ampia chiarezza. Il principio di eguaglianza, formale e sostanziale, esige un’unica interpretazione che al momento ci sembra incompatibile con deroghe ancorché politicamente motivate. Il quesito sul nucleare è ancor più facile da risolvere. Il guazzabuglio normativo sul quale agirà l’eventuale abrogazione referendaria è tale che formalmente ci sarà ben poco di diverso all’indomani del 13 giugno. Pertanto l’orientamento del voto deve intendersi il più possibile sulla essenza della materia. Crediamo su questo punto che sia molto complicato concedere a un Paese in difficoltà energetica come il nostro la possibilità di intraprendere la più drastica delle strade se non si è prima fatto l’impossibile per integrare il deficit con la più ampia diffusione possibile del ricorso a forme di energia alternativa e soprattutto a pratiche di efficientamento. Oltretutto siamo alla vigilia di nuove importanti progressi tecnologici e vincolare, oggi per il futuro, il Paese a un piano energetico basato sul nucleare sia controproducente perchè le scelte di oggi potrebbero rivelarsi vecchie soltanto tra pochi mesi. Il nucleare, al di là dei rischi che comporta e che secondo noi non vale comunque la pena correre, avrebbe potuto rappresentare una strada praticabile 15 o 20 anni fa, oggi non lo è più e se la Germania e altri grandi Paesi hanno deciso di abbandonare il nucleare per orientarsi verso fonti pulite e rinnovabili una ragione c’è. A meno che qualcuno non riesca a dimostrarci che la Germania rappresenta il passato e l’Iran il futuro. Ma al di là delle ragioni sin qui elencate riteniamo anche che catalogare il raggiungimento del quorum ad un mero obiettivo politico sia fuorviante e contro l’interesse della comunità. Per questo ci sentiamo di sottoscrivere l’appello indiretto di Giorgio Napolitano: “Io sono un elettore che fa sempre il suo dovere”. Ma non per dare il la ad uno spunto politico “inequivocabile” (sebbene il governo ci abbia messo molto del suo, lo ammettiamo), piuttosto perché è in ballo il progresso di un Paese che ha smesso di crescere da dieci anni a questa parte. È perciò un bene che anche diversi esponenti dei partiti di maggioranza e di opposizione abbiano compreso l’importanza di questi referendum nell’ambito dell’esercizio della democrazia diretta. L’unico rammarico, tuttavia, è che ciò sia avvenuto fuori tempo massimo, complice l’inadeguatezza dei media che fino all’ultimo hanno promosso un’informazione del tutto insufficiente. Il raggiungimento del quorum, che noi auspichiamo nonostante sia storicamente in bilico, è la migliore risposta a qualsiasi forma di strumentalizzazione. È un voto per il nostro presente.

 

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