La crisi della vocazione politica
I programmi dei partiti si distinguono in misura sempre minore, il che spiega la personalizzazione sempre più accentuata dei confronti elettorali: gli uomini politici sono “lanciati” come delle marche pubblicitarie, dato che la vita politica è sempre più una questione di immagine e di comunicazione. Lo stesso fenomeno, del resto, è ugualmente percepibile nel mondo dei media. La stampa di opinione scompare a poco a poco, mentre il contenuto dei principali giornali o dei programmi dei diversi canali televisivi diventa intercambiabile. La crisi della rappresentanza è una delle conseguenze dirette di questo riposizionamento.
Contrariamente a quanto affermano i teorici della “scelta razionale” (secondo i quali l’elettore si definisce innanzitutto come un agente che cerca, in occasione degli scrutini, di massimizzare razionalmente il suo migliore interesse), il voto è in effetti prima di tutto un mezzo di rappresentanza e di affermazione di sé. Ora, quando l’elettorato ha la sensazione che nessuna alternativa gli sia offerta dai partiti che si disputano il potere, questo elettorato non può che disinteressarsi di un gioco politico che non gli permette più di esprimere attraverso il suffragio un’appartenenza o un’affiliazione.