Gli italiani e l’insicurezza: la ricerca Tecnè
Negli ultimi dodici mesi il 94% degli italiani non ha subito alcun reato, solo il 6% invece ne è rimasto vittima almeno una volta. Eppure la percezione del pericolo è alta e tanti sono gli accorgimenti usati dai cittadini al fine di evitare situazioni spiacevoli. Ad esempio tra le situazioni che generano ansia al primo posto risulta “abitare nelle vicinanze di un campo nomadi” (57%), “camminare di sera in una strada poco illuminata” (55%) e ancora “imbattersi in un litigio e notare l’indifferenza negli altri” (53%). Ma anche “parcheggiare in un garage sotterraneo” (53%), “perdersi in una strada di periferia” (51%) o “viaggiare su un mezzo pubblico con poche persone a bordo” (50%). È quanto emerge da una ricerca Tecnè, pubblicata in esclusiva su l’Unità. “Si direbbe che il clima di allarme – scrive Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, sul quotidiano diretto da Claudio Sardo – pesi più del reale peggioramento dei livelli di sicurezza e che la percezione incida più del rischio reale, come se il livello d’incertezza avvertito fosse il riflesso di qualcosa che avviene altrove, di fatti conosciuti tramite i media e ai quali si teme di non saper far fronte. Cresce quasi un senso di preparazione all’evento criminale, una dimensione che anticipa ciò di cui si ha paura, quasi come una profezia che si auto-avvera”.
Dai dati raccolti gli atti vandalici (35%) sono le situazioni che capitano più frequentemente. A seguire spaccio di droga (34%) e furti in casa (33%). In che modo, dunque, la paura cambia le abitudini? Il 67% degli intervistati risponde che chiude sempre la porta di casa a chiave. Il 59% cerca il parcheggio in zone illuminate, il 54% evita di camminare da solo in strada la sera, il 54% presta attenzione al minimo rumore e ancora il 54% controlla che non ci siano degli intrusi nella propria abitazione ogni volta che rientra.
“L’indagine – conclude Buttaroni – evidenzia, come già molte ricerche hanno fatto, che le risposte non possono limitarsi alla repressione ma devono puntare alla riqualificazione del tessuto urbano, alla rivitalizzazione degli spazi pubblici nei centri e nelle periferie, alla riduzione delle forme di disagio ed emarginazione, alla promozione di forme di solidarietà nuove, perché la rete sociale protegge meglio di qualsiasi inferriata o sistema di allarme.
L’antidoto alla paura va, quindi, nella direzione opposta a quella indicata, in questi anni, anche da una parte politica, recuperando quella solidarietà intelligente che fa parte della nostra natura di animali sociali e raccogliendo tutte le grandi energie che questo Paese ha e sa produrre, per tornare a vederci chiaro, senza timori e senza divisioni”.