Last Bet, lo psicologo spiega: “Calciatori malati di vita”
Avere un lavoro. Che di questi tempi non è poi così scontato. Guadagnare cifre esagerate inseguendo la propria passione che di fatto è anche un gioco. Girare il mondo. Essere belli, acclamati. Spesso invidiati.
Sembra un’assurdità, eppure tutto questo non basta per essere felici. Per molti calciatori, novelli gladiatori, eterei semi-dio, le prospettive si ribaltano in maniera talmente celere da risultare quasi invisibile, con la velocità con cui una monetina ruota alla ricerca del proprio destino. Avere tutto che significa avere niente. Essere apatici, svogliati, il più delle volte depressi. Bisognosi, al limite della dipendenza, di scosse di adrenalina sempre più forti e prolungate. Rendendo l’illegalità l’unica strada da perseguire per sedare la propria sete di vita. E se il prezzo da pagare è la propria credibilità, peggio la propria libertà, chi se ne importa. Bisogna riempire quel buco che ognuno di noi si porta dentro. Concetto che più di altri si avvicina a quello del peccato originale.
Il passaggio gioco d’azzardo-voglia di arricchirsi è talmente immediato da sembrare l’unico possibile. E, infatti, spesso lo è.
In molti dei casi. Ma non in tutti. Uno dei quali potrebbe riguardare l’inchiesta “Last Bet” e i tanti calciatori coinvolti. Questo bisogno patologico di scommettere, arrangiare, sistemare, superando con una naturalezza sconvolgente i valichi della legalità, nasconderebbe una difficoltà più profonda. Di natura psico-chimica. Questo almeno il parere di Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta specializzato proprio in patologie da gioco d’azzardo. “Molti dei calciatori coinvolti in questo nuovo caso di calcio scommesse – esordisce lo specialista – non aveva un gran bisogno di soldi. Parlo ovviamente di Doni, Signori e Sartor che durante la loro carriera avevano accumulato talmente tanti ingaggi da poter vivere di rendita. Questo desiderio spasmodico di combinare é un meccanismo ossessivo e compulsivo del quale, però, non conosciamo le origini. Un trauma che solo un’analisi approfondita potrebbe rivelarci – continua Cavaliere – conduce ad uno squilibrio chimico che costringe questi soggetti a ricercare emozioni forti, le uniche in grado di rilasciare grandi quantità di adrenalina. Sostanza capace di modificare in maniera importante il tono dell’umore”.
La discesa nel mondo dell’illegalità è quasi inevitabile: “La trasgressione, l’andare oltre le regole, l’eccitazione del manipolare, copre i sintomi della depressione. Ma presto o tardi si arriva al capolinea”. Il rischio, però, è quello di trasformare i colpevoli in vittime: “Dal punto vista medico è innegabile – puntualizza Cavaliere – ma non da quello giuridico. La giustizia dovrà fare il suo corso”.
Giustificazioni, dunque. Psichiche e chimiche. Il manipolare i sogni e le passioni altrui come strumento per curare i propri vuoti. Queste spiegazioni basteranno per perdonare chi ci ha rotto, ancora una volta, il giocattolo?
Sarà una discesa sulla terra fin troppo violenta per questi semi-dio, che si sentono immortali nonostante siano malati di vita. Egoisti che avranno due tipi di rieducazione. La prima dovrà essere sociale. Per quella medica ci sarà tempo.