Via alla trasparenza
Le dimissioni del sottosegretario Malinconico – lungamente rifiutate dall’interessato per giorni e giorni, e velocemente ottenute da Monti ieri mattina – rappresentano il primo serio inciampo del governo o piuttosto una nuova prova del potere semiassoluto del presidente del consiglio? Visto l’andamento dei fatti, si sarebbe portati alla seconda risposta, dal momento che Malinconico, anche senza conoscerlo, sembra uno dei tecnici entrati nel governo più per effetto del compromesso finale sulla lista, tra Monti e i partiti, che non per diretta scelta del premier.
Da questo punto di vista il caso è a suo modo emblematico e rivelatore di un compromesso non riuscito – e forse neanche cercato – tra la squadra di professori, manager e funzionari di lungo corso europeo portati da Monti e il gruppo di grand commis, consiglieri di Stato e capi di gabinetto romani imbarcati per bilanciarli, quando non per controllarli o ostacolarli. Due mondi, due culture, due modi di muoversi, totalmente inconciliabili, come si sapeva da prima di metterli insieme. E costretti ciò malgrado a convivere solo in nome della provvisorietà con cui i partiti, i politici, la politica nel suo complesso, si sono adattati alla magra stagione dei tecnici.
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