Nuova filantropia
Ricchi e, assieme, orgogliosi. Suona così strano? Molti soldi molto imbarazzo? Anche se in questi termini la risposta appare addirittura scontata (no, perché mai?) può aver senso soffermarsi un istante sul punto. A porsi implicitamente il problema è stato, non a caso, il premier Mario Monti, quando ha auspicato per gli italiani abbienti una maggiore soddisfazione di sé.
Il punto è che guadagnare e assieme fare (del) bene è possibile. Di più, moralmente quasi necessario in tempo di crisi economica.
Nel mondo anglosassone è uso comune occuparsi di filantropia a qualsiasi livello di ricchezza e di donazione. In Italia, a dispetto del crescente interesse “intellettuale”, passare dalle parole ai fatti si dimostra invece assai difficile. Pensiamo alla disputa sui lavori di restauro del Colosseo assegnati a Tod’s. Ciò che occorre è, da un lato, un salto di mentalità sia nei riguardi del business capitalistico sia verso l’idea stessa di bene pubblico, diffondendo i concetti di tipo filantropico avanzato, sul modello di Bill Gates o di Paul Newman.
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