Non solo Messi. Il sogno (diventato realtà) di Davide Moscardelli
Fra le caratteristiche del segno del Sagittario, la più spiccata, quella che più mi rappresenta è la volontà di non rinunciare mai al sogno. Come tanti dei sagittari io sono una sognatrice e mi appassiono alle storie che sembrano un po’ delle favole: ecco perché ho deciso di raccontarvi la storia di Davide Moscardelli e Guendalina Tobia. Davide, classe 1980, di mestiere fa il calciatore. Guendalina, che non fa la velina, da poco più di due mesi è la signora Moscardelli e si gode i mesi di maternità. Fra pochissimi giorni sarà mamma per la prima volta di un maschietto, Francesco.
A Davide Moscardelli giocatore sono particolarmente affezionata. L’attaccante, mancino e dotato di una straordinaria potenza fisica, ha debuttato nel 1997 nel Maccarese, nel 2001 è passato al Guidonia (campionato Eccellenza della regione laziale) e nel 2002 è arrivato in C2 con la Sangiovannese. Il salto, in serie B, nel 2003 quando si trasferisce a Trieste per vestire la maglia della Triestina. E arrivo al punto. I gol di Davide nel biennio di Trieste li ricordo benissimo. Lavoravo da poco in una redazione sportiva, e puntualmente i miei cari colleghi mi mollavano il sabato pomeriggio a seguire la diretta della serie B. Io non protestavo, anzi, mi appassionai moltissimo alla serie cadetta. Quel ragazzone dai capelli lunghi, che conoscevo di vista, ogni volta che faceva gonfiare la rete mi provocava tanta soddisfazione. Davide Moscardelli, cresciuto nel mio stesso quartiere, era un piccolo orgoglio. E io esultavo rumorosamente, disquisivo sulle possibilità che poteva avere il ragazzo di arrivare in serie A, quasi fosse una mia speranza. Chiudo la parentesi. E salto qualche anno. Davide in serie A alla fine c’è arrivato. Un po’ tardi, dopo molte trattative sfumate. Ma come si dice, meglio tardi che mai. Ad agosto 2010 ufficializzato il suo passaggio al Chievo Verona, Davide Moscardelli, nato a Mons in Belgio 30 anni prima, sale sulla giostra del calcio, quello vero, quello che conta. E al suo fianco in questo momento di svolta c’è Guenda (per gli amici semplicemente Gwen) una biondina tutto pepe che conosce da sempre, una ragazza del quartiere dove è cresciuto e dove tutti fanno il tifo per lui.
Per me, che amo il calcio e credo nelle favole, la loro storia ha un qualcosa di magico. In un momento così importante della vita, raggiunto un traguardo che ti cambia la vita, Davide ha avuto accanto a sé l’amore. Un amore semplice che è diventato grande il 5 dicembre 2011 (rigorosamente di lunedi) dopo il turno di campionato, Davide e Guendalina hanno detto “Sì” nella casa di Giulietta a Verona. Davide, che da bambino sognava di fare il calciatore, ha iniziato semplicemente giocando, dando calci a un pallone in campi sgangherati di periferia. “Solo crescendo ho capito che il calcio era tutto quello che volevo fare – mi racconta l’attaccante – e allora raggiungere la vetta è diventato un obiettivo fisso. Anche quando sono sfumate un paio di occasioni per arrivare in serie A non mi sono mai scoraggiato. Quando ho capito di avercela fatta? Quando gli avversari a fine partita mi chiedevano la maglia. Un po’ come faccio io da un paio di anni, praticamente da quando gioco nel calcio ‘dei grandi’ col Chievo. Porto nel cuore la prima stagione in serie B: mi scontravo con squadre fortissime contro giocatori che aero abituato a vedere solo in TV. Era tutto nuovo, strano e mi emozionavo tantissimo”.
Il calcio ha regalato a Davide anche un vero amico: Francesco Valiani, centrocampista in forza al Parma. “E’ stato il mio testimone di nozze. Abbiamo giocato insieme al Rimini – ricorda Moscardelli -. Poi anche se le nostre strade si sono separate l’amicizia è rimasta. Ci auguriamo entrambi di rigiocare insieme”. Il bomber romano non crede ai raccomandati nel calcio. “Diciamo che come in ogni cosa, la fortuna fa sempre la sua parte. Ma più che parlare di raccomandati posso affermare che in Italia non si incentivano i vivai, non si dà spazio e fiducia ai talenti. Si va a cercare il giovane promettente altrove e i ragazzi perdono la magia del sogno, perdono la grinta che serve per sfondare”.
L’aneddoto più simpatico che mi racconta a bruciapelo è molto recente: “La felicità che ho provato quando ho giocato all’Olimpico contro la Roma è stata incredibile. Durante l’inno dei miei avversari avevo i brividi, ripensando a quante volte lo avevo cantato dagli spalti con la sciarpetta al collo…In quel momento stava a me giocare. E’ stata una giornata memorabile che ho chiuso in bellezza scambiando la mia maglia con Francesco Totti. Sono felice di emozionarmi – ammette -, mi stupisco ancora quando tanti grandi giocatori mi salutano. A fine partita ci scambiamo battute, si fanno apprezzamenti nei miei confronti: ecco a me tutto questo fa sempre un certo effetto. La meraviglia per quello che succede mi aiuta a tenere i piedi ben piantati a terra, io cerco di non dimenticare mai chi sono”.
Guendalina Tobia, 32enne romana (e romanista), laureata e un posto da impiegata, da mesi fa la spola fra Roma e Verona col pancione e ormai la data del parto è imminente. In maternità, ha deciso di passare gli ultimi mesi di gestazione lontana dalla famiglia ma vicino al suo Davide. “Quando l’ho conosciuto ero addirittura più alta di lui – mi confessa -. L’ho sempre seguito calcisticamente ma le nostre vite sono sempre state emotivamente separate. Cinque anni fa, d’estate, è scoccata una scintilla che ha modificato il corso delle cose. Quello per Davide è un amore che mi ha cambiato la vita. Ormai tutto è pronto. A giorni Davide Moscardelli sarà padre, per la prima volta: il pancione di Gwen è sempre più grande, la carrozzina è montata e i vestitini lavati. Lo stadio questa volta però è vuoto. Non ci sono cori e sciarpette al collo. Una nuova partita, quella più importante di tutta la vita, sta per iniziare. “Sono in attesa che mi cambi la vita – confessa il bomber -, dicono così. E io non vedo l’ora: credo di essere pronto. Guendalina è una donna fantastica, insieme proveremo a dare il nostro massimo a Francesco (e nel nome mi sembra chiaro l’omaggio al capitano della Roma, ndr)”.
Guardar giocare Moscardelli e innamorarsi deldel gioco del calcio. E` dimenticare quei noiosi incontri banali e continui di cui siamo soggetti e oppressi. Ti fa capire che il calcio non e` vincere o perdere, ma ammirare chi lo esgue con perfezione, stile e grande gioia.