Il trionfo della nostalgia
Non è mai stata prodiga, l’Academy di Hollywood, con i registi innovatori. Per questo motivo non stupisce che l’unico film in lizza – L’albero della vita , di Terrence Malick – autenticamente proiettato nel futuro di un cinema libero dagli schemi del passato e dedito alla ricerca di un linguaggio tanto esclusivo quanto personale, sia uscito a mani vuote dalla cerimonia degli Oscar. Le dieci statuette, equamente suddivise fra The Artist eHugo Cabret ¸ sono il trionfo della nostalgia. In un’epoca di grandi trasformazioni, che implicano sconvolgimenti di gusti e abitudini consolidate, non stupisce che gli ultrasettantenni membri dell’Academy si siano fatti travolgere dall’emozione di due film che esaltano il piacere intatto del cinema delle origini, ancora non contaminato dalle superfetazioni del gusto e dalle raffinatezza estetiche accumulate nel corso del Novecento. D’altro canto, non sembra la nostalgia il tono dominante delle celebrazioni artistiche contemporanee, con poche eccezioni assai più dedite a ripercorrere strade battute e decantare i fasti dei decenni trascorsi, più di quanto non siano votate alla ricerca del nuovo e dell’ignoto? A meno che non si tratti, nel cinema almeno, delle inedite meraviglie del digitale e degli effetti speciali, dietro i quali traspare quasi sempre il vuoto di contenuti innovatori o, quantomeno, non del tutto stantii.
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