“Rari, ma forti”: la forza generata dallo stare insieme
In un giorno “raro” quale è il 29 febbrario si è celebrata la quinta Giornata mondiale delle malattie rare organizzata da Uniamo e Eurordis (European Organisation for Rare Diseases), l’organizzazione europea dei pazienti rari e i loro familiari. Il tema quest’anno è stato La forza generata dallo stare assieme. Le malattie rare colpiscono indistintamente tutti, grandi e piccini, ma noi di T-Mag, vogliamo dedicare questo articolo a tutte le “mamme guerriere” che ogni giorno combattono a testa alta una difficile guerra, e lo fanno senza armi, perché le armi non ci sono. Ancora no. Anzi, una ce ne sarebbe ed è l’unica che le fa andare avanti, è la speranza, che però non basta a sconfiggere quel mostro chiamato “malattia rara”.
Invito in redazione Anna, giovane mamma di Mattia, 10 anni, e un mostro nel suo corpicino, un mostro senza nome e senza cura. Le chiedo di raccontarci il suo percorso e questi tremendi 365 giorni segnati da un dolore infinito, troppo difficile da spiegare quando un figlio soffre e sai di non poter fare molto.
“Non capisco, non me ne faccio una ragione”, si sfoga Anna. “Come è possibile che ci siano delle malattie che sfuggono alla ricerca?”, mi guarda, allargando con le mani ripetutamente il collo della sua maglietta, come se le mancasse l’aria (probabilmente le manca davvero). Mi trovo in difficoltà, non è un’intervista qualunque, non è un’intervista a una mamma qualunque, ma ho davanti una mamma guerriera che cerca ininterrottamente le armi con cui combattere, ma non le trova “Mille visite specialistiche, mille controlli fino al tragico responso: non c’è cura”. “Mattia – mi spiega – soffre di una malattia genetica ereditaria che provoca un invecchiamento precoce associato a una predisposizione al tumore. I geni che controllano il differenziamento, la proliferazione cellulare e che eliminano i danni da radicali liberi sono alterati”. Ciò che mi impressiona è la precisione con cui Anna mi parla di questa malattia, i termini medici e scientifici che utilizza. Continua: “Lo sviluppo è generalmente normale fino al decimo anno di età. Il primo sintomo è l’arresto della crescita dentaria. Verso i 20 anni i capelli incanutiscono e diminuiscono, la voce diventa fievole e vi sono mutamenti cutanei. Le arterie si induriscono e si manifestano insufficienze respiratorie. Insomma mio figlio sarà un adolescente-anziano”.
“Da quel giorno – mi confida Anna – la mia vita è cambiata, non dormo più e trascorro il mio tempo su internet, cercando di capire e trovare una soluzione. Guardo mio figlio e vorrei non crescesse mai, perché so che crescere per lui significherà invecchiare nel pieno della giovinezza”. Non piange Anna, non si commuove mentre racconta la sua sofferenza e quella di suo figlio, ma ha lo sguardo fiero di una donna che non si è arresa e non si arrenderà. Le chiedo cosa si aspetta dal futuro, sorride: “Aspetto il futuro stesso, un futuro in cui la ricerca andrà avanti e farà progressi, intanto insegno a mio figlio ad essere autonomo e a non sentirsi diverso dagli altri”.
“La ricerca è importante”, continua Anna .“L’ottimismo, la speranza e la forza di mamme come me non basta a curare malattie per le quali non c’è cura. La ricerca scientifica va incentivata sia nell’ambito universitario, sia nell’ ambito aziendale. Lo Stato deve aiutare questi bambini, non deve abbandonarci, deve investire sul futuro”
Ecco l’appello di Anna: “Non abbandonateci”. Finora sono state identificate circa ottomila (8.000!) diverse malattie rare, l’80% è di origine genetica, il 50% colpisce i bambini e la maggior parte di queste malattie, come ci spiega Anna, non prevedono ancora delle cure vere e proprie. “Manca informazione, mancano corrette diagnosi”, mi ripete.
Quest’anno lo slogan scelto per la giornata mondiale è stato Rari, ma forti insieme. Quello che Anna si augura per il futuro di suo figlio.