Due Stati, due popoli
Qualche giorno fa un giornalista televisivo olandese mi ha intervistato a proposito della questione nucleare iraniana. A quanto pare il primo ministro Netanyahu ha vietato ai politici di rilasciare interviste in merito e il giornalista olandese non ha avuto altra scelta che cercare altri candidati, forse più «intellettuali» ma privi di informazioni autorevoli e fondate.
Il giornalista mi ha chiesto se ritenevo che Israele avrebbe attaccato gli impianti nucleari in Iran. Gli ho risposto che non lo sapevo. Mi ha chiesto se ritenevo fosse il caso di colpire la ricerca nucleare iraniana per impedire la produzione di una bomba atomica. Ho risposto che non lo sapevo. Ha insistito a domandare se ritenevo che l’Iran potesse usare un’eventuale bomba contro Israele. Ho risposto che non lo sapevo. Ha poi proseguito chiedendomi se ritenevo che Israele potesse accontentarsi delle sanzioni imposte dall’Occidente contro l’Iran. Ancora una volta ho risposto che non lo sapevo. A questo punto ho notato che il giornalista stava cominciando a mostrare segni di disperazione per questo suo intervistato «intellettuale» che rispondeva a ogni domanda con un «non lo so» e mi ha chiesto: «Allora mi dica cosa sa». Ho immediatamente risposto che sapevo cosa andava fatto con urgenza perché tutte le sue domande si rivelassero inutili: riprendere con energia, onestà e serietà il processo di pace con i palestinesi e arrivare a ciò che persino l’attuale governo di destra ha apertamente dichiarato essere un obiettivo politico: due Stati per due popoli. E come atto di buona volontà interrompere l’ampliamento degli insediamenti esistenti e smantellare quelli illegali. E se ciò sarà fatto gli iraniani saranno costretti ad abbandonare la loro retorica esaltata e le loro perfide minacce.
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