“Sbugiardati”
Non nominare il nome di Falcone (e Borsellino) invano. Dovrebbe essere questo il primo comandamento di un magistrato. Ma sono in tante le toghe, Ingroia e Caselli in testa, che in queste ore si lasciano andare alla bestemmia, quella di sostenere che i due pm eroi si stanno rivoltando nella tomba per la sentenza Dell’Utri. Trascinare Falcone e Borsellino nella più cocente figura di palta della giustizia italiana è operazione squallida e anche un po’ vigliacca, perché come noto i morti non possono smentire. Fino a ieri proprio questi signori pontificavano che le sentenze si accettano e non si discutono. Da oggi non più. Le sentenze, quelle che non piacciono, si possono massacrare e si può chiedere pure di radiare i giudici per loro scomodi, come ha di fatto chiesto ieri Caselli in una intervista a La Repubblica. Una reazione violenta e isterica di chi si sentiva onnipotente e scopre invece di essere messo dai colleghi giudicanti, forse per la prima volta, sulla stesso piano della difesa, quindi fallibile, come prevede la Costituzione.
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