L’analisi
Ancora un appuntamento per la sempre più incerta sfida delle primarie; la corsa fa tappa nel West e nel “Profondo Sud”: nel West, coi caucuses solo democratici nello Utah, e quelli, solo repubblicani, nel Pacifico (Stato delle Hawaii, e Territorio delle Isole Samoa); e soprattutto negli Stati “sudisti”, Alabama e Mississippi (primarie per entrambi i Partiti).
Tra i Democratici, Obama correva senza opposizione in tutti i tre appuntamenti, aggiudicandosi tutti i delegati in palio.
Ma è tra i Repubblicani che si gioca la vera partita per la nomination: andiamo con ordine, partendo dai risultati.
Mitt Romney si aggiudica i due caucuses del Pacifico, facendo suoi tutti i (9) delegati della Isole Samoa, e riportando una larga vittoria anche alle Hawaii, Stato di nascita del presidente Obama, con il 45.4% distanziando di circa 20 punti lo sfidante Santorum (20.3%); terzo, al 18.3% il libertario Ron Paul; a chiudere l’ex speaker della Camera, Gingrich, con l’11%, risultato magro ma pur sempre a due cifre. Nell’unica area metropolitana dello Stato, quella della Capitale Honolulu, Romney fa anche meglio.
Il “piatto forte” della giornata elettorale, inutile dirlo, era però nel Sud ultraconservatore, roccaforte evangelica e (da qualche decennio) anche dei Repubblicani; partito che dalla prima vittoria di Reagan (nel 1980) ha vinto tutte le presidenziali nei due Stati chiamati al voto l’altra notte. Il “Profondo Sud” è una regione piuttosto vasta dove il voto è dato tuttora sulla base di divisioni etniche, segno di una frattura non ancora ricomposta: la maggioranza bianca, che vota compatta (oltre l’80%) per i Repubblicani, e la consistente minoranza afroamericana, ancor più compatta (95%) sostenitrice dei Democratici. Peso dei neri che quattro anni fa fece trionfare Obama su Hillary.
Ebbene, nei due Stati del Sud emerge, una volta di più, il disamore per Romney, da parte della base repubblicana più conservatrice, divisasi tra Santorum, vincitore della scorsa notte, e Gingrich, battuto.
In Mississippi, l’ex senatore italo americano, dopo un testa a testa, fa sua la vittoria col 32.9% prevalendo sul filo contro l’ex presidente della Camera, al 31.3%; nella corsa a tre, solo terzo Romney, pur dato vincente dai primi exit poll, fermatosi però nei dati reali al 30.3%. I tre candidati, come si vede, sono racchiusi in un fazzoletto di voti. Paul non va oltre il 4.4%. Santorum e Gingrich si spartiscono il voto conservatore ed evangelico, e le aree rurali; al primo il voto delle donne e dei giovani, al secondo quello maschile e dei vecchi; nell’unica area urbana, quella della Capitale Jackson, infine, prevale Romney.
Più netta la vittoria di Santorum in Alabama; il cattolico conservatore, 34.5%, si mette dietro Gingrich e Romney, i quali fino all’ultimo hanno lottato per la “piazza d’onore”: alla fine l’ha spuntata l’ex presidente della Camera (29.3%) sul miliardario mormone, anche in questo caso soltanto terzo, al 29%. Male Paul, anche qui non oltre il 5%. Come nel confinante Mississippi, anche in Alabama con Gingrich gli uomini e gli anziani, con Santorum donne e giovani; evangelici divisi tra i due (con la prevalenza di Santorum). Divisione anche geografica: ad una prevalenza nelle zone rurali per Santorum, fa da contraltare una certa resistenza di Gingrich nelle aree suburbane; Romney, invece, fa sue le due principali aree metropolitane dello Stato: la Capitale Montgomery, e soprattutto la più popolata Birmingham, città simbolo della lotta afroamericana per i diritti civili.
Con i risultati ultimi, Santorum mette a segno tre colpi importanti: intanto si aggiudica altri due Stati del Sud; poi si rilancia per la corsa alla candidatura, facendo sentire il fiato sul collo a Romney; infine, butta fuori campo Gingrich, non solo per la nomination (cosa già chiara per lo meno dal Super Martedì, se non da molto prima), ma anche come alfiere del voto conservatore; un voto che fino ad ora dividendosi al Sud tra loro due, rimetteva paradossalmente in gioco Romney, distanziato, infatti, di non molte lunghezze da Santorum. Con la definitiva consacrazione di Santorum come portabandiera dell’ala destra del partito, i conservatori anche al Sud dovrebbero abbandonare Gingrich; una cosa che può mettere in seria difficoltà Romney, il quale se non è riuscito, finora, ad approfittare, avendo contro un voto conservatore diviso, potrebbe subire ulteriori e più pesanti batoste, qualora l’ala destra si compattasse attorno all’ex senatore italo americano.