L’annosa questione degli Ogm
Le dichiarazioni del ministro dell’Ambiene, Corrado Clini, rilasciate al Corriere della Sera giovedì riaprono un’annosa questione su cui, almeno in Italia, pensavamo essere in fondo risolta. Arriviamo al punto: “Ferma restando la posizione italiana in merito al divieto dell’impiego degli Ogm in agricoltura – è stato il ragionamento di Clini –, credo che sarebbe insensato continuare a tenere il freno alla ricerca, dalla farmaceutica alla protezione di prodotti tipici dell’agricoltura, dall’energia al risanamento di siti contaminati con biotecnologie, dalla lotta alla desertificazione alla protezione dei suoli esposti al dissesto idrogeologico”. E proprio sugli Ogm (organismo geneticamente modificato) si è soffermato il ministro: “In Italia la posizione contro gli Ogm è bipartisan e da sempre compromette, in generale, la ricerca sull’ingegneria genetica applicata all’agricoltura, e alla farmaceutica, e anche a importanti questioni energetiche. Un grave danno”.
L’indomani, sempre sulle pagine del quotidiano di via Solferino, è giunto il rimbrotto di Antonio Polito. “Peccato che negli ultimi dieci anni tutti i ministri dell’Agricoltura che si sono succeduti, da Pecoraro Scanio ad Alemanno, abbiano deliberatamente arrecato questo danno all’Italia. E Corrado Clini – scriveva l’editorialista –, che è stato direttore generale del ministero dell’Ambiente dal 1990 forse poteva segnalarcelo prima, questo grave danno”.
Ancora più severo il commento di Greenpeace. “Non solo la gestione Clini sugli Ogm, conclusasi nel 1999, è stata un far west delle sperimentazioni (in quell’anno le sperimentazioni in corso erano 182 per un totale di 121 ettari, precipitate a 38 su 3,87 ettari nel 2000, dopo una seria e attenta valutazione sui dossier relativi al programma), ma anche i miracoli sugli Ogm proclamati dalle aziende del biotech sono stati dei veri e propri flop. La stragrande maggioranza dei prodotti biotech in commercio, attualmente soia, mais, cotone e colza, hanno una caratteristica principale: sono resistenti alle sostanze chimiche che le stesse aziende producono e vogliono vendere. I prodotti geneticamente modificati – osserva ancora Greenpeace – stanno causando lo sviluppo di piante infestanti resistenti agli erbicidi costringendo gli agricoltori che ne fanno uso a ricorrere a quantità sempre maggiori di erbicidi e sostanze tossiche sulle coltivazioni”.
Queste le posizioni, ma cosa avviene nel mondo? Stando al rapporto Global Status Biotech/GM Crops 2011 sarebbero 29 i Paesi che autorizzano gli Ogm, in particolare Stati Uniti, Brasile e India per un incremento di superficie coltivata pari all’8% rispetto al 2010. Nell’Unione europea (dove vige una direttiva complessa e non propriamente “comune”) la superficie utilizzata per gli Ogm è cresciuta del 25%, ma sono solo Spagna (Paese leader nel settore del mais), Portogallo, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania e Polonia. La Francia è contraria, la Gran Bretgna negli ultimi tempi è apparsa più possibilista mentre la Germania ha permesso le sperimentazioni della multinazionale (di casa) Basf sulle patate, che però non ha avuto un gran successo commerciale. In questo senso altri problemi hanno riguardato ancora la Basf: ad esempio nel 2011 l’India ha respinto l’autorizzazione della melanzana Ogm, nel settembre dello stesso anno è stata la Cina a sospendere la commercializzazione di riso geneticamente modificato e altrettanto hanno fatto Filippine e Thailandia.
In Italia le Regioni, gli agricoltori e i cittadini hanno più volte espresso la contrarietà agli Ogm. Al di là delle contrapposizioni fautori-detrattori un sondaggio commissionato dalla Coldiretti ha non molto tempo fa evidenziato come il 71% degli italiani non siano affatto favorevoli alle coltivazioni geneticamente modificate.