Monti contro i partiti
Monti alza la voce con i partiti. Io piaccio alla gente, voi no, ha sentenziato ieri dal Giappone dove si trova in visita di Stato. Un altolà soprattutto a Bersani che minaccia di non votare la riforma del lavoro. Ma più in generale un chiaro sintomo di insofferenza verso i suoi azionisti, cioè la maggioranza che lo sostiene e gli permette di governare. Vorrebbe, Monti, decidere senza la politica tra i piedi. È un lusso che in teoria può permettersi perché, primo vero caso nella storia repubblicana, lui è lì per chiamata diretta, come avveniva per i dittatori nell’antica Roma che prendevano momentaneamente il potere nei momenti di particolare crisi. Come Grillo, Monti fa leva sull’antipolitica per aprirsi la strada del consenso. Gioco facile, ma pericoloso.
E non soltanto perché, sarà solo una coincidenza, senza la mediazione della politica piccoli imprenditori in difficoltà hanno cominciato a uccidersi. Sputtanare chi ti tiene in vita non è mai cosa saggia. E non fare distinguo è un po’ omertoso. Già, perché Monti dovrebbe dire chiaramente quali forze politiche stanno ostacolando e boicottando sottobanco il suo lavoro. Dovrebbe fare nomi che noi ben conosciamo ma che se pronunciati da lui avrebbero un effetto ben diverso sulla famosa opinione pubblica. Dovrebbe dirci, Monti, da che parte gli stia tirando la giacchetta il presidente Napolitano, e noi sospettiamo che il Quirinale lo stia tirando dalla parte del Salva Sinistra più che del Salva Italia.
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