Storia padana
«Lumbard tas» e «Basta! Con le rapine del fisco» credo siano del 1985. Passavo in pullman per viale Aguggiari e c’era tutta la strada tappezzata di questi strani manifesti.
Erano sgraziati, scritti con grafia elementare e colori vistosi, firmati Lega lombarda. «El tricolor che vorom minga!», con la gallina padana che cova le uova d’oro facendole planare su «Roma ladrona» dev’essere del millenovecentottantotto. Lo ricordo perché ero al primo anno di ginnasio e mio padre ci lasciava a due passi da scuola, davanti alla chiesa della Brunella, dove c’erano tre file di piccoli murales padani.
Per chi è cresciuto a Varese negli anni dell’incubazione leghista fa sorridere l’idea che quella del Carroccio possa archiviarsi come una storia da romanzone criminale tout court , Trote & Belsiti, polenta & ‘ndrangheta. Chi liquida l’avventura di Bossi and Co. ad affare di fondi neri e tribunali significa che non è mai stato a Varese. Non conosce l’odore della campagna urbanizzata del Nord, la religione della famiglia-impresa così diffusa da queste parti.
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