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“Sveglia!”, per ridurre lo spread tra politica e cittadini

di Marco Perazzi e Marzia Perazzi

La crisi dell’attuale sistema politico italiano e della rappresentatività degli organi elettivi è uno dei temi più urgenti e dibattuti nel nostro Paese, tra politologi, costituzionalisti, giornalisti e forze politiche; la raccolta di firme per proporre tramite referendum la modifica della legge elettorale vigente, poi vanificata dalla pronuncia della Corte Costituzionale, ha riacceso i riflettori su questo argomento proprio negli ultimi mesi, costringendo alla riflessione anche una classe politica storicamente restia ad innovazioni minacciose per posizioni di potere acquisite.
L’antipolitica montante, anche sull’onda di scandali più e meno recenti, manca al momento di un fattore unificante per trasformarsi in soggetto elettoralmente competitivo; essa tuttavia è in grado di intimorire forze politiche e individualità di rilievo, che per decenni hanno controllato la rappresentanza popolare contando su concezioni ideologico-personalistiche e su schieramenti pregiudizialmente contrapposti.
D’altro canto, alcune esperienze maturate in contesti economico-sociali diversi dal nostro ma di fondamentale impatto mediatico sull’opinione pubblica mondiale (quali l’ascesa alla Presidenza del colosso statunitense di Barack Obama, i fenomeni di ribellione della “primavera araba”, il movimento giovanile spagnolo degli “indignados”, la mobilitazione popolare riunita sotto lo slogan di Occupy Wall Street), hanno mostrato con drammatica evidenza il potenziale aggregativo costituito dalle nuove tecnologie dell’informazione. Oggi è impossibile non comprendere l’impatto dell’interconnettività anche su processi di aggregazione di tipo socio-politico, con l’apertura di nuove possibilità di influenzare “dal basso”, tramite la viralità di messaggi ad alto potere catalitico, processi di trasformazione che esercitino ricadute sui vertici della classe dirigente.
Persino la politica italiana, per anni miope di fronte ai cambiamenti in atto, sembra essersi svegliata da un lungo, non incolpevole letargo, mostrando infine qualche apertura, per ora puramente teorica, rispetto alla necessità di un ricambio della classe dirigente.
Ciò che al momento appare ancora impelagato nelle nebbie di uno spontaneismo movimentistico, è la modalità con cui tradurre le forme di aggregazione politica bottom-up in un reale ricambio delle dirigenze ed in antidoti alla crisi della rappresentanza.
Alla luce dell’elettorato italiano, in larga parte disaffezionato e deluso dal potere vigente ma altresì diffidente di fronte a un’antipolitica populista e disfattista, la sperimentazione di nuove forme di partecipazione civica appare oggi maggiormente praticabile a livello locale dove le imminenti elezioni amministrative rappresentano un brodo di coltura ottimale in cui far crescere i fermenti di cambiamento nascenti, dai quali possano sorgere nuove figure e nuove forme di amministrazione della cosa pubblica.
Affinché ciò possa avvenire, sono necessari alcuni elementi catalizzanti, di cui ne individuiamo alcuni che ci paiono imprescindibili per realizzare una genuina trasformazione della rappresentatività:

– rinnovamento dei temi programmatici
– trasversalità
– vicinanza al cittadino
– ricambio generazionale

Spesso, nelle più recenti consultazioni amministrative, si è assistito al fenomeno della proliferazione delle liste cosiddette “civiche”; il termine sembra sottintendere una maggior vicinanza alla base elettorale ed escludere la natura partitica di tali formazioni. Nella realtà dei fatti, tuttavia, l’abito non fa il monaco e sotto il travestimento si malcelano poteri tradizionali, astutamente pronti a dissimularsi in nome di una pesca di voti più abbondante dal mare dell’indecisione e dell’astensionismo. In tal caso, ciascuna delle caratteristiche sopra elencate può essere utilizzata come specchietto per le allodole al fine di catturare i consensi. Un cittadino consapevole, tuttavia, dovrebbe sapere ben individuare quando un volto giovane è semplicemente un coniglio estratto dal cilindro dei maghi della politica politicante che non esitano a cavalcarne la presentabilità per rastrellare voti per condizionarne poi l’azione una volta insediato sul proprio scranno; non infrequente è anche l’evenienza di liste monocolore nella natura, nate tutte all’interno di schieramenti preesistenti che per rinnovare la facciata fanno appello ad un generico civismo, magari cooptando qualche volto femminile e giovanile in più nella lista, inserendo nel programma qualche argomento di facile presa su un elettorato di palato politicamente non raffinatissimo, ma molto sensibile a proclami di difesa dell’orticello localistico.
Sulla scorta di questi e dei molti altri esempi di travestitismo del potere costituito che si potrebbero fare, siamo portati ad affermare che perché si realizzi una effettiva rappresentanza dal basso sono necessarie alchimie particolari e non immediate, che si possono realizzare solo quando diversi elementi si combinano tra loro in maniera efficace. Ed affinché l’amalgama funzioni, occorre che si trovi un’idea unificatrice, una vision comune che caratterizzi l’aspirante gruppo dirigente nella sua interezza, in modo trasversale rispetto a diversi coesistenti orientamenti ideologici e rispetto all’appartenenza generazionale. Se vogliamo calare questo concetto nella necessità di ricambio delle realtà locali italiane, la generazione da cui ci si attende una’autoproposizione sulla scena dell’amministrazione è quella anagraficamente compresa tra i 30 ed i 45 anni, finora tenuta distante dalle posizioni decisionali in molti ambiti ma segnatamente, con rare eccezioni purtroppo non sempre fulgide, dall’ambito politico; attorno a quale idea di città/provincia è possibile dunque raggrumare questa generazione facendole ritrovare coesione ed una spinta partecipativa alla ricostruzione del futuro per sé e per i posteri? Ebbene, proprio la cultura delle nuove tecnologie, il tema della digitalizzazione e quello dello sviluppo sostenibile, che rimandano ad una concezione prospettica della civis, della sua evoluzione e delle relazioni sociali che la caratterizzano, costituiscono un patrimonio ideale comune, non connotato in senso ideologico e non ancora fagocitato dall’imbonizione della politica mediatizzata. Si tratta di una prospettiva condivisibile solo da coloro che sono maturati nell’epoca della rete e dell’allarme ecologico, in connessione culturale stretta con quei Paesi che hanno dato vita al concetto ed alla implementazione delle smart cities come via europea alla sostenibilità ambientale delle aggregazioni urbane. L’information technology, piattaforma comune su cui le generazioni dagli anni 70 in poi sono abituate a far correre l’informazione e la comunicazione, non rappresenta però di per sé la garanzia di innovatività dei processi di partecipazione. Anche i poteri costituiti hanno imparato ad usare la rete, i social network, la viralità come veicolo della propria immagine, senza per questo indurre alcun sovvertimento delle catene decisionali; è invece indispensabile che siano i cittadini stessi a trovare tramite il web spazi e soprattutto contenuti aggregativi, centri ideali di piattaforme consensuali su idee ed obiettivi concreti, inducendo così una trasformazione graduale delle agende politiche. Solo se le istanze di rinnovamento nascono fattivamente dal basso, da un’esigenza e da un desiderio comuni, riescono infatti a realizzare quella trasversalità che consente di rimanere coesi al termine della campagna elettorale ed all’inizio dell’avventura di governo, quando sono in agguato interessi personalistici e di parte che spesso portano ad una diaspora che ben smaschera la natura prettamente elettoralistica delle agglomerazioni improvvisate. Di fronte alla progressiva perdita del potere di rappresentanza delle formazioni partitiche, da tempo impegnate in un’occupazione sistematica ed autoreferenziale delle posizioni di potere, l’unica possibilità di riacquisire un reale potenziale di rappresentanza democratica, a garanzia della libertà di partecipazione di una cittadinanza consapevole, giace proprio in un meccanismo di ri-aggregazione intorno ad un ideale comune di natura immediatamente concretizzabile in una visione non ideologica del futuro prossimo.

Come esempio di un procedimento che riassuma le caratteristiche di virtualità virtuosa sopra indicate, ci sembra di poter additare quanto avvenuto in occasione della mobilitazione elettorale per le imminenti elezioni comunali piacentine. Qui, l’intuizione di un giovane politico locale, il non ancor 40enne Andrea Paparo, ha portato pochi mesi fa all’apertura di un gruppo su facebook denominato “Sveglia! Sveglia! Sveglia!”: l’esortazione si rivolgeva alla cittadinanza, in particolare a quella generazione di cittadini più avvezza all’utilizzo dei social network, per raccogliere idee e proposte per far crescere la nostra città in direzione della modernità; in pochi giorni, più di 2000 persone (età media 30-35 anni) hanno spontanemente fornito, con accesso completamente libero, le proprie opinioni e suggerimenti estremamente concreti, a prescindere da eventuali convinzioni politiche personali, con un denominatore comune individuabile nella necessità di innovazione tecnologica nelle infrastrutture, miglioramento della sostenibilità ambientale e sociale, promozione dell’immagine della città con apertura all’interazione con l’Europa e con il mondo, integrazione tra formazione-istruzione e tessuto economico locale. In poco più di una settimana è nata quindi un’idea di programma elettorale, attorno al quale si è radunato un gruppo di giovani (di cui molti estranei a precedenti esperienze di politica attiva) che lo hanno elaborato e steso, formando poi una lista civica che prescinde da precedenti connotati ideologici e politici dei singoli componenti e che sta suscitando grande curiosità ed interesse tra i cittadini. L’alchimia verificatasi, basata sulla centralità di contenuti programmatici condivisi e su una cultura civica comune, rappresenta in questo caso la migliore garanzia di rappresentatività e contemporaneamente di innovazione rispetto a logiche di gestione ed amministrazione della governance prevalenti nella realtà politica nazionale, che hanno determinato e favorito il proliferare di malversazioni ed immobilismi, alimentando l’ondata di scontento ed atteggiamenti di antipolitica di una quota significativa della cittadinanza, che rischia di trasformarsi in uno tsunami dagli effetti non prevedibili sulla nostra fragile democrazia.

 

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