Ultima chance
Caro direttore, a più di un anno dall’inizio della tragedia siriana anche chi dubita sempre delle stime internazionali deve prendere atto che in questo caso i morti sono migliaia, non centinaia – la realtà ha fatto il suo ingresso rumoroso nelle stanze del Consiglio di sicurezza. E la realtà, tradotta in formule diplomatiche con la Risoluzione presentata dalla Russia e poi approvata all’unanimità, è semplice e frustrante: la fine di Assad non è ancora scritta. Il capo della minoranza alawita può ancora contare sulla copertura di Mosca. Gli Stati Uniti, d’altra parte, non intendono ripetere uno scenario «alla Libia», che del resto non sarebbe credibile nelle condizioni assai diverse della Siria. Mentre la Francia è in panne elettorale e gli altri grandi giocatori europei, Italia inclusa, oggi puntano soprattutto ad arrestare la crisi umanitaria. La missione di 300 osservatori deve servire a fermare le violenze e la repressione; non esistono compromessi possibili su questo punto. La pazienza, ha detto giustamente Susan Rice, l’ambasciatrice americana all’Onu, è finita: per Damasco, è l’ultima chance. Prendere o lasciare. Ma proprio per questo è difficile immaginare che la missione internazionale prepari un cambio di regime. Al massimo – la speranza è questa – potrà preparare un cambio di governo.
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