“Le istituzioni stiano lontane dalle Pmi”
“Fare l’imprenditore in Italia non è mai stato un mestiere facile. Oggi è diventata una sfida temeraria. La bassa crescita dell’Italia è determinata soprattutto dalla difficoltà di fare impresa”. Le osservazioni del neopresidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che si è presentato giovedì nella sua nuova veste all’Assemblea pubblica degli associati, fanno il paio con quelle di Alessio Russo.
Russo è il presidente di Confimprese Roma e presidente di Assopreziosi Italia e a lui T-Mag ha chiesto un parere sul momento vissuto dalla piccola e media imprenditoria ed il quadro che emerge è tutt’altro che rassicurante.
Presidente partiamo dalla stretta attualità. Quanto è difficile il momento attraversato dall’imprenditoria, soprattutto quella media e piccola che costituisce l’ossatura del sistema produttivo nazionale?
Più sarebbe impossibile. Soffriamo come tutto il paese per una classe politica che non ha voluto e non vuole ridurre le spese al fine di poter ridurre le tasse. Una classe politica che non fa altro che parlare di semplificazioni mentre ogni giorno escono nuovi provvedimenti che ci complicano la vita.
Da rappresentate di un’associazione di categoria importante, qual è lo stato delle pmi della capitale?
Tranne quelle che hanno a che fare con il turista o il turismo in genere viviamo alla giornata. La crisi è pesante. Ogni giorno siamo invasi o da nuove tasse, o da nuove normative e manca il tempo per lavorare. La produzione di leggi andrebbe calmierata anche perché la qualità è talmente scadente che risulta comunque inopportuna (vedere l’IMU per comprendere).
Per favorire la ripresa della pmi cosa serve? E soprattutto quale deve essere il compito delle istituzioni?
Compito delle istituzioni dovrebbe essere di stare lontano dalle pmi. Nel campo economico le conseguenze delle azioni pianificate dai governi sono sempre controproducenti. L’espressione di Adam Smith, “c’è un gran potenziale di rovina in ogni governo” si riferisce appunto alle conseguenze dell’interventismo statale in materia economica. Trent’anni fa l’economista americano George J. Stigler di Chicago vinceva il Nobel proprio per i suoi studi sugli effetti della regolamentazione pubblica, provando con approfondite ricerche che nessuna delle misure adottate dal governo americano per controllare, dirigere e regolare l’economia aveva funzionato: nel caso migliore i provvedimenti erano stati inefficaci, in quello peggiore avevano sortito effetti opposti a quelli desiderati. Dovrebbero limitarsi a ridurre le spese, i finanziamenti alle aziende, la maggior parte dei corsi di formazione e con tutto il risparmiato ridurre le tasse a tutti. Tutti avrebbero più soldi per spendere od investire e non si premierebbero i soliti furbetti.
In base alla sua esperienza come giudica l’ondata di suicidi che colpisce sempre più spesso il settore dell’imprenditoria?
Avere a che fare con la disperazione è terribile. Purtroppo l’imprenditore a cui vanno male gli affari non ha speranze ed è frustrato dal vedere che il nemico è lo Stato e questo provoca il tracollo psicologico. La mancanza di equità provoca tutto ciò ed altro che ancora non abbiamo toccato con mano. Ci si deve chiedere: “E’ equo un sistema legale che impone tempi precisi e inderogabili per il pagamento al fisco delle imposte dovute da cittadini e imprese e lascia alla discrezionalità dello stato acquirente i tempi di pagamento ai fornitori? E’ equo un sistema fiscale che mette in serie difficoltà molti contribuenti e ne spinge taluni alla depressione e a gesti inconsulti? E’ equo un sistema della riscossione che mette all’asta per poche centinaia di euro di tasse non pagate la casa di anziani malati e probabilmente non più in grado di comprendere e adempiere alla richieste del fisco?”. La risposta è ovvia.