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Quanto siamo lontani dalla ripresa?

Gli ultimi dati Eurostat, del Censis e del Centro Sudi Confindustria dipingono un quadro desolante che potrebbe essere riassunto brutalmente in questo modo: il nostro è un Paese che arranca più dei maggiori partner europei. La disoccupazione, aveva rilevato non molti giorni fa l’Istat, ha raggiunto livelli record. In altre parole: i numeri parlano di arretramento. Era una situazione da prendere in considerazione? E quanto tempo ci vorrà prima di osservare gli effetti delle misure anticrisi adottate fin qui dal governo? Abbiamo rivolto queste domande all’economista Emanuele Canegrati.

Le difficoltà economiche del Paese. La situazione era prevedibile data la strategia di risanamento dell’economia scelta dall’attuale governo, che considera solo i conti pubblici dimenticandosi completamente di quelli privati. Non ci si può attendere che l’economia si risollevi quando si continuano a fare politiche fiscali restrittive come quelle fatte prima da Tremonti e poi da Monti. Utilizzando una strategia di risanamento del tutto orientata all’aumento delle entrate, come ha riconosciuto anche la Corte dei Conti in una sua recente relazione, il governo ha fatto in modo di creare degli effetti disincentivanti sull’offerta di lavoro, di capitale e sui consumi talmente elevati che ha prodotto, inesorabilmente, un crollo della produzione e un aumento della disoccupazione. L’approccio che si è seguito è da contabili, non da economisti. Un economista avrebbe dovuto prevedere che le tasse elevate avrebbero solo provocato miseria e quindi avrebbe dovuto abbassarle. Non è stato fatto così, ed ora i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Siamo davvero molto lontani da una ripresa e direi che va già bene se la situazione non peggiorerà ulteriormente, dato che il recente terremoto in Emilia ha interessato una zona che produce da sola l’uno per cento del Pil italiano. Con la convinzione che ha questo governo di essere nel giusto è difficile aspettarsi quindi un cambio di rotta a breve.

Corte dei Conti: le entrate previste per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 possono imprimere “impulsi recessivi che una maggiore imposizione trasmette all’economia reale”. La Corte dei Conti dice una cosa assolutamente esatta. Ha fatto una analisi molto simile a quella che avrebbe fatto un economista supply-siders, ovvero considerando gli effetti disincentivanti che le tasse hanno sulla crescita dell’economia reale. Gli economisti che stanno al governo sembrano non aver mai letto Laffer, il quale insegnava che non necessariamente un aumento di tasse comporta un aumento di gettito. Se deprimi l’economia riduci la base imponibile e quindi anche quello che raccogli dalle tasse. Proprio per questo il governo dovrebbe fare esattamente l’opposto di quello che ha fatto finora. Ovvero tornare indietro, togliere l’IMU sulla prima casa e abbassare l’IVA sui consumi, effettuando contestualmente un taglio repentino di spesa e decidendosi finalmente a fare qualche operazione di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, in maniera da intervenire sullo stock di debito pubblico.

Il Rapporto sulle Entrate del ministero dell’Economia: gettito fiscale sotto le stime, mancherebbero 3,4 miliardi di euro. Questo è un dato da prendere con le pinze, nonostante abbia suscitato un ingiustificato clamore sulla stampa, per via del fatto che i calcoli sulle previsioni di gettito sono state fatte utilizzando una metodologia di mensilizzazione del gettito piuttosto opinabile. Comunque certamente è ragionevole credere che il gettito IVA attuale sia di molto inferiore a quello preventivato, se non si sono considerati correttamente gli effetti del ritocco dell’aliquota ordinaria. Monti continua a puntare il dito sugli evasori, ma in realtà sa benissimo che la quota di evasione che può emergere dalle operazioni invasive che sta facendo con la Guardia di Finanza non sarà certo elevata come dice. Considerando che bisogna vedere quanto dell’accertato si trasformerà effettivamente in incasso. Direi che l’ottimismo delle previsioni riflette quello del governo, che farebbe meglio ad essere un po’ meno ottimista quando calcola il gettito sull’aumento delle tasse che impone. Come si vede, quando l’economia non è lasciata tranquilla di operare e la si disturba continuamente con questo interventismo cattedratico reagisce in malo modo. E’ un po’ come un buon animale che dà il meglio di sé quando lo lasci in pace; se inizi a provocarlo incessantemente prima o poi reagisce.

Emanuele Canegrati è Dottore di ricerca in Economia pubblica all’Università Cattolica di Milano, Visiting Researcher presso lo STICERD Center della London School of Economics dal 2006 al 2008 e presso il Luxembourg Income Study Office nel 2009. Dal 2010 giornalista per l’Occidentale ed economista per la Fondazione Magna Carta. Consulente economico per la pubblica amministrazione. Autore di diverse pubblicazioni internazionali tra le quali “Economics of Taxation” (Novascience, New York).

 

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