Il posto fisso è vivo
E’ presto per decretare il de profundis del posto fisso, anche se molti ne cantano il requiem da tempo. Le apparenze possono ingannare ma il posto fisso è vivo, ha qualche acciacco, ma non è affatto morto. I media hanno lanciato l’allarme, ma se guardiamo con attenzione i dati Unioncamere pubblicati ieri e strillati da radio e tv (dicono che solo un’assunzione su cinque è a posto fisso, il resto è precarietà), ci accorgiamo che non si tratta di dati a consuntivo ma di attese: nel terzo trimestre 2012, luglio, agosto e settembre prossimi, le imprese prevedono di assumere soprattutto con contratti a tempo determinato e flessibili. Si tratta del periodo in cui trionfa il lavoro stagionale e in cui, ci auguriamo, grazie al turismo, molti troveranno un po’ di lavoro. Le aspettative però sono intenzioni, non dati di fatto, importanti indicatori ma percezioni che possono cambiare.
La seconda osservazione è che, così come non si deve fare confusione tra lavoro e posto, altrettanto, insegnano gli economisti, non bisogna confondere lo stock con i flussi. Il rapporto tra lavoro fisso e lavoro flessibile nel nostro paese, che come sappiamo non brilla nel monitoraggio dei fenomeni e del mercato del lavoro, è oggi stimato, secondo una sorta di ferrea legge di Pareto, in 80 a 20: vuol dire che i contratti a tempo indeterminato complessivamente sono la stragrande maggioranza dei contratti di chi è al lavoro (80%), mentre lo stock di contratti flessibili e precari è al 20%.
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