L’editoriale
MA IO, che cosa penso? Me lo chiedono gli avversari di sempre, stupiti di trovare su questo giornale (che hanno presentato per anni come un partito) ciò che sono incapaci di avere sui loro, e cioè un dibattito aperto tra idee diverse, nate da uno stesso filone culturale: una prova di libertà e di ricchezza, soprattutto quando ad argomentare sono persone come Eugenio Scalfari e Gustavo Zagrebelsky, con la loro autorità e la loro passione democratica.
Sconcertati per la libertà di “Repubblica”, sperano almeno di trovare me in difficoltà: Gustavo è per una fortuna della vita un mio grande amico, discutere con lui mi appassiona, lo faccio ogni volta che posso – anche da lontano – e imparo sempre qualcosa. Con Eugenio c’è qualcosa (molto) di più dell’amicizia. C’è un’avventura comune per noi importantissima, che si chiama “Repubblica” e va al di là di noi, c’è il fatto che ci siamo scelti tanti anni fa e continuiamo a farlo ogni giorno.
Tutto questo complica? No, semplifica, perché obbliga alla verità. Noi tre conosciamo non solo le idee l’uno dell’altro ma anche i punti di dissenso di cui parliamo spesso, conosciamo soprattutto la nostra natura, che è alla base delle amicizie vere.
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