Martini e l’annosa questione del “fine vita”
Già ai tempi del caso Welby, il cardinal Martini (il quale si era espresso sull’argomento in un articolo del 2007) non aveva negato una certa riluttanza nei riguardi dell’accanimento terapeutico. Eppure ha fatto scalpore l’annuncio del suo medico riguardo il rifiuto delle ultime terapie, secondo la volontà dell’arcivescovo emerito di Milano, lasciando così che il tempo e la malattia facessero il loro corso. La posizione del cardinale era semplice: è inutile prolungare cure che non possono più recare giovamento alla persona ammalata. Attorno alla questione del “fine vita” si sono spesso sviluppati dibattiti, talvolta molto accesi, che hanno coinvolto sentimenti di natura religiosa, quasi arrivando a contrapporre due distinti schieramenti tra credenti e non. Un tema che riaffiora, oltretutto, nella settimana in cui è prevista l’uscita del film di Marco Bellocchio, La bella addormentata, ispirato alla vicenda di Eluana Englaro e che, siamo sicuri, non passerà inosservato. In generale come la pensano gli italiani sul “fine vita”? Iniziamo con il dire, anche in una prospettiva di fede, che un conto è interrompere terapie inutili e un conto è l’eutanasia vera e propria. Considerato soprattutto il primo aspetto e tenuto conto dei dati relativi agli anni 2007, 2010 e 2011 – come rileva l’Eurispes nel Rapporto Italia 2012 –, “si riscontra innanzitutto una maggioranza assoluta di quanti si dicono favorevoli all’introduzione di una legge sul testamento biologico che non scende mai al di sotto del 70%. Nell’arco temporale considerato, si registra però inizialmente un aumento dei favorevoli (dal 74,7% 2007 all’81,4 del 2010) e in seguito una flessione (77,2% 2011)”.
“Anche nella rilevazione effettuata quest’anno – aggiunge l’Eurispes – si è evidenziato un ulteriore cambiamento che ha fatto registrare il 65,8% dei favorevoli al testamento biologico e, in parallelo, aumentare il numero dei contrari (30,3%), ciò potrebbe essere dovuto all’attenuazione degli effetti sull’opinione pubblica prodotti da alcuni casi di grande rilevanza mediatica negli anni passati. Allo stesso tempo, negli anni, è diminuito il numero di quanti si sono astenuti dall’esprimere un giudizio”.
C’è tuttavia da osservare che il disegno di legge del luglio 2011 non ha contribuito a fare chiarezza: le dichiarazioni anticipate di trattamento da parte del paziente non sono vincolanti per i medici e la nutrizione e l’idratazione artificiali sono applicabili solo nei casi terminali, laddove vi è un’accertata assenza di attività cerebrale. E negli altri Paesi europei? In Germania le dichiarazioni anticipate dei pazienti sono vincolanti (la legge per il testamento biologico è del 2009). In Francia (lo strumento legislativo risale al 2005) nei casi accertati il medico deve astenersi da qualsiasi forma di accanimento terapeutico. Analogamente avviene in Spagna, dove il paziente deve rendere nota per iscritto la propria volontà di non subire alcun accanimento nel caso in cui, in un successivo momento, non fosse più in grado di intendere e di volere. Nel Regno Unito, invece, il fine vita non è disciplinato, ma i precedenti hanno consolidato di fatto la prassi con cui i medici evitano di somministrare trattamenti inutili.
Altra questione, dicevamo, è l’eutanasia. E casi più estremi sono quelli del suicidio assistito. A novembre dello scorso anno si parlò per giorni della morte avvenuta in Svizzera, con suicidio assistito appunto, di Lucio Magri, tra i fondatori del Manifesto. Pratiche del genere sono consentite anche in Olanda dove il medico che provoca la morte del malato consenziente deve rispettare determinate procedure previste dalla legge.
Appello di Mina Welby: firmate il Referendum sul Biotestamento, in ricordo del Cardinal Martini e di Piergiorgio Welby.
Video -> http://www.youtube.com/watch?v=fMhDKewhoAk