Mr. President
È stata più dura del previsto, ma comunque una vittoria netta. Barack Obama viene confermato alla guida degli Stati Uniti ai danni del repubblicano Mitt Romney. Noi avevamo pronosticato l’esito delle presidenziali a marzo, consapevoli del rischio che correvamo a prendere una posizione simile con un così largo anticipo. Lo abbiamo scritto tuttavia con fermezza, analizzando i dati sull’economia che, sebbene non ancora soddisfacenti, suggerivano un trend positivo da cui il presidente uscente avrebbe potuto trarre vantaggio. Succede poi che durante la campagna elettorale accadano tante piccole cose capaci di spostare voti. È una costante ad ogni elezione che si rispetti, ad ogni latitudine. Ma la maggior parte degli americani ha indicato l’economia quale tema prioritario per il Paese ed è la crisi ad avere spinto i cittadini a dare fiducia a Obama per ulteriori quattro anni. La maggior parte di loro, infatti, attribuiscono il periodo di difficoltà all’amministrazione Bush: l’attuale presidente può dormire sereno su questo fronte. Diciamolo francamente, però: non è stata una vittoria esaltante come quella del 2008, sotto vari aspetti. A Romney va riconosciuta una buona campagna elettorale, soprattutto nelle ultime settimane quando i sondaggi hanno iniziato a incoraggiarlo. Anche se un po’ tardiva per parlare alla pancia dell’elettorato e scaldare i cuori.
Cosa è successo nei primi quattro anni di Obama alla Casa Bianca? È riuscito, il presidente, a implementare una svolta socialdemocratica nel Paese? Probabilmente no. I tanti delusi, che pure non mancano e che non gli hanno rinnovato la fiducia, ne sono una testimonianza diretta. Ma l’inquilino – ancora una volta – della Casa Bianca ha gettato le basi per una nazione diversa, dalla riforma sanitaria a quella del sistema finanziario. Stato chiave per la sua rielezione – come indicato alla vigilia – era l’Ohio, che generalmente si contraddistingue per tenere con il fiato sospeso i candidati di entrambi gli schieramenti. In Ohio (alzi la mano chi sa indicare l’Ohio su una cartina degli Stati Uniti) si realizzano autovetture in quantità inferiore soltanto al Michigan e la crisi economica si è fatta sentire in maniera piuttosto pesante in termini di posti di lavoro persi. Solo a Columbus, capitale dello Stato, si è registrata un’inversione di tendenza. Non è dunque un caso se gli sforzi maggiori, allo scadere della campagna elettorale, sono stati concentrati in Ohio dai due candidati. I dati sul lavoro diffusi pochi giorni fa (171 mila posti di lavoro creati su tutto il territorio nazionale, disoccupazione al 7,9%) sono stati certamente d’aiuto per Obama. Il ticket Romney-Ryan aveva assicurato 12 milioni di posti di lavoro in quattro anni: una promessa, forse, troppo azzardata.
La notte è stata lunga ed estenuante con la solita Florida che per alcune ore ha creato scompiglio e confusione. Una nottata che ha catalizzato le attenzioni di un intero anno. T-Mag ha seguito con passione la campagna elettorale statunitense, dalle primarie repubblicane fino all’election day del 6 novembre. Lo abbiamo fatto cercando di capire quale ruolo gli Stati Uniti sono in grado di esercitare nel mondo, se rappresentano ancora oggi una guida morale oltre che politica. La crisi economica ha gettato le basi per una accresciuta interdipendenza tra Paesi e la necessità di leader lungimiranti. In questo senso la rielezione di Obama (non ne abbiamo mai fatto un mistero) è da ritenersi una buona notizia. Ora Obama – che avrà davanti a sé il giudizio della storia – dovrà vedersela con una Camera avversa in cui i repubblicani sono nuovamente maggioranza. Tra i primi atti che l’amministrazione tenterà di varare, la riforma dell’immigrazione le cui resistenze del Gop avevano già bloccato durante il primo mandato. Ma di questo penseremo a tempo debito. It’s a good day, direbbero oltreoceano. E noi con loro.