Crisi e disoccupazione, ma l’Italia non investe nella ricerca
La struttura produttiva italiana continua ad essere caratterizzata da una larga presenza di micro-imprese (con meno di 10 addetti), rappresentative del 94,8% delle imprese attive. Questo è quanto emerge dalla lettura dell’annuario statistico dell’Istat che, prendendo a riferimento il 2009, sottolinea come la dimensione media delle aziende attive sul nostro territorio si mantenga stazionaria negli ultimi anni, intorno a un livello di 3,9 addetti per impresa.
Ma questo accade per le aziende ancora in vita, molte altre invece sono state costrette a chiudere i battenti a causa delle difficoltà scaturite dalla crisi economica e finanziaria che sta colpendo l’eurozona e l’economia mondiale.
Detto questo, il dato delle imprese che falliscono non deve essere assolutamente preso sotto gamba. Perché ad ogni impresa che smette di produrre corrisponde, purtroppo, un aumento del numero delle persone senza un’occupazione.
E’ necessario, quindi, trovare una soluzione che ponga fine alla chiusura delle aziende. Solo così si potrà bloccare l’aumento della disoccupazione e, magari, stimolare le imprese a creare nuovi posti di lavoro. Il problema potrebbe essere risolto in parte attraverso l’aumento dei fondi destinati alla ricerca, che contribuirebbero a rendere le nostre aziende competitive e all’avanguardia. Fattori non secondari in un mercato che deve affrontare sempre nuove sfide. Tuttavia, le rilevazioni dell’Istat ci raccontano di un’Italia lontana anni luce da quanto abbiamo auspicato fino ad ora. Il nostro Paese, infatti, è uno dei membri dell’Unione europea che investe di meno nella ricerca, con un investimento pari all’1,26% del Prodotto Interno Lordo contro la media Ue del 2.01% del Pil. Tra i paesi dell’Unione hanno fatto peggio solo Ungheria, Lituania, Polonia, Malta, Bulgaria, Cipro, Slovacchia, Romania e Lettonia. Ben al di sopra della media europea, invece, troviamo Finlandia, Svezia e Danimarca, che si distinguono per investimenti superiori al 3% del Pil. Investono leggermente di meno, ma sempre al di sopra della nostra media, Francia, Germani, Belgio e Slovenia, con un media intorno al 3%.
Questo risultato decisamente negativo nasce dalla scarsa quantità di denaro dedicato alla ricerca. Nel 2009, riferisce l’Istat, l’Italia ha investito in ricerca 19.209 milioni di euro. Dal computo in questione, è necessario sottolineare, si considerando i finanziamenti da parte di imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni no profit, università.
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