“Dare centralità alla persona che lavora”
Intervista a Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Partito democratico.
Il Partito democratico si affida in queste ore ai propri elettori per la scelta dei candidati perché non si è riusciti a cambiare la legge elettorale. Quale il suo impegno in questo senso?
Spero di poter svolgere il lavoro politico anche dal Parlamento. La scelta è nelle mani degli elettori del Pd che domenica partecipano alle primarie per la selezione dei candidati da inserire nelle liste della Camera e del Senato. Noi abbiamo fatto tutto il possibile per cambiare la legge elettorale. Non ci siamo riusciti per responsabilità del PdL, poiché Silvio Berlusconi ha voluto tenere in mano la formazione delle liste per selezionare una pattuglia di fedelissimi.
Qual è la ricetta che il Partito democratico intende proporre nell’attuale fase di incertezza economica?
Negli ultimi anni, grazie alla regia di Bersani, il Pd ha ricostruito un’autonomia culturale sul terreno dell’economia e del lavoro. Noi puntiamo a dare centralità alla persona che lavora. Abbiamo archiviato il paradigma liberista che vede la svalutazione del lavoro, il ridimensionamento dei diritti, come condizione per la crescita. La nostra bussola sono gli articoli 1 e 3 della nostra Costituzione, “la più bella del mondo”. È la bussola dell’europeismo progressista, alternativo ai populismi regressivi e diverso dall’europeismo mercantilista dei conservatori europei.
Come possono, l’Italia e l’Europa, uscire dal tunnel della crisi?
L’Italia si riprende se si riprende l’Unione europea e, in particolare, l’area euro. Oggi, la priorità è una politica economica per lo sviluppo sostenibile e per il lavoro da varare a Bruxelles. La vittoria in Italia di Bersani e il probabile arrivo al governo del Spd in Germania possono portare a un cambio di stagione. Ovviamente, l’Italia deve autonomamente attuare una serie di riforme: dalle pubbliche amministrazioni, al fisco; dalle infrastrutture all’energia, dalla scuola e università al welfare sussidiario e universalistico.
Come si pone il Pd rispetto alla “salita in politica” di Mario Monti, in virtù anche dell’ennesima “discesca in campo” di Silvio Berlusconi?
Non mi è mai piaciuta la definizione berlusconiana. Non mi convince la riformulazione montiana se viene utilizzata per coprire i legami indissolubili della politica con gli interessi materiali. La presenza del Presidente Monti, diretta o indiretta, nella competizione elettorale è poco coerente con il patto per un governo super partes fatto a novembre 2011 con i cittadini. Inoltre, indebolisce una personalità con il profilo adeguato a svolgere funzioni di garanzia. È un fatto che si ripercuote negativamente sulla credibilità delle nostre istituzioni democratiche. Per il Pd non è un problema. Il presidente Monti e i partiti a suo sostegno esprimono un europeismo mercantilista, in sintonia con i partiti conservatori europei. Noi portiamo avanti un europeismo progressista. Collaboriamo per sconfiggere i populismi.