Dall’urna allo Spirito. I “papabili” del Conclave
Habemus diem. Domani avrà inizio il Conclave per l’elezione del successore di Benedetto XVI. Al mattino si terrà la messa Pro Eligendo Pontefice presieduta dal cardinal decano Angelo Sodano, il pomeriggio la Cappella Sistina chiuderà le sue porte.
Extra omnes.
Dentro i 115 cardinali; all’esterno più di 5mila giornalisti accreditati da tutto il mondo e il popolo dei cattolici che attende il nome del nuovo Pietro.
A spiegare come si svolgerà il Conclave e quali sono le regole delle votazioni è la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis, pubblicata nel 1996 da Giovanni Paolo II e aggiornata da Benedetto XVI con il Motu Proprio dell’11 giugno 2007, e con quello più recente (l’ultimo atto del Papa emerito) del 22 febbraio 2013. Per eleggere il Papa sarà necessaria una maggioranza qualificata di due terzi dei cardinali elettori: è stato lo stesso Padre Lombardi, portavoce della Santa Sede, a precisare che, con il passaggio da 117 a 115 cardinali elettori, il numero di voti necessari è di almeno 77. Dopo la 33esima o 34esima votazione, comunque, si passerà obbligatoriamente al ballottaggio fra i due cardinali che avranno ricevuto il maggior numero di voti nell’ultimo scrutinio (e che non potranno partecipare al voto).
Una volta avvenuta canonicamente l’elezione, si legge, “l’ultimo dei Cardinali Diaconi chiama nell’aula dell’elezione il Segretario del Collegio dei Cardinali e il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie; quindi, il Cardinale Decano, o il primo dei Cardinali per Ordine e anzianità (in questo Conclave il cardinale Giovanni Battista Re) a nome di tutto il Collegio degli elettori chiede il consenso dell’eletto”. Dopo il sì, si continua con la scelta del nome. Successivamente, “il primo dei Cardinali Diaconi annuncia al popolo in attesa l’avvenuta elezione e il nome del nuovo Pontefice, il quale, subito dopo, imparte l’Apostolica Benedizione Urbi et Orbi dalla Loggia della Basilica Vaticana”.
Il mondo, però, avrà già saputo di avere un nuovo Pastore. La tradizionale fumata bianca anticiperà il volto del Papa.
Ieri molti cardinali hanno celebrato la messa domenicale nelle loro chiese di Roma, mentre oggi il Collegio al completo si riunirà per la decima e ultima congregazione generale. Gli incontri, i confronti, i “tentativi” di consolidare i consensi intorno ai “papabili” continueranno fino a domani. Il toto Pontefice, intanto, incalza vivace tra i corridoi della Curia romana.
Il più accreditato successore di Joseph Ratzinger, fin dalle prime ore dopo le dimissioni, rimane l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola. In pole position anche il cardinale austriaco Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, 67 anni, rappresentante di una Chiesa cattolica più riformista. Diversi sono i nomi nordamericani: Ouellet, Dolan, Wuerl e O’Malley. Nella lista presente anche il sudamericano Odilo Pedro Scherer, brasiliano d’origini tedesche.
Nessuna maggioranza netta, comunque. Anche se, ha detto l’arcivescovo di Abuja (Nigeria) John Olorunfemi Onaiyekan a conclusione dell’omelia presso la sua parrocchia del quartiere Trieste, «Dio ha già deciso chi deve essere il nuovo Papa, sta a noi scoprirlo». Perché – per chi ci crede – nonostante accordi e schieramenti, sarà lo Spirito a scegliere. Secondo le esigenze della Chiesa, non dei “partiti”.
E d’altronde, quel 16 ottobre del 1978 il mondo intero, e gli stessi Cardinali, ebbero una sorpresa incredibile: l’elezione di un Papa non italiano dopo quasi mezzo millennio, Giovanni Paolo II. Non era scritto, non c’era alcun pronostico su di lui, nessuna sensazione, nessun sentore anzi tempo. Eppure dall’urna uscì quel nome, e la Chiesa lo amò all’istante.