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L’attesa che va oltre ogni pronostico

di Marinella Bandini

fumata_neraCi speravamo in quella fumata bianca al primo tentativo. Anche se le statistiche erano contro, anche se i giornalisti ce l’avevano detto. Eppure tra le 19 e le 20 migliaia hanno sfidato il maltempo romano per attendere in Piazza San Pietro, col naso all’insù verso il famoso camino. E migliaia, milioni, erano in attesa dietro gli schermi di tv e computer. C’è l’attesa del nuovo Papa, certo. Ma un voto rapido sarebbe forse anche il segno (desiderato) di una unità di cuore e d’intenti tra i cardinali, di cui non c’è traccia nelle cronache, impegnate su altri fronti.
È stata una giornata di attesa, in cui il popolo dei fedeli si è stretto ai 115 “elettori”. Al mattino ha affollato la Basilica Vaticana per la Messa “Pro eligendo Pontifice”. Che ha un formulario bellissimo: “Farò sorgere al mio servizio un sacerdote fedele che agirà secondo i desideri del mio cuore; io gli darò una casa stabile e camminerà alla mia presenza per sempre”; alla colletta “O Dio, dona alla tua Chiesa un pontefice a te accetto per santità di vita, interamente consacrato al servizio del tuo popolo”. Sulle offerte: “allieta la tua Chiesa con il dono di un papa secondo il tuo cuore”, e ancora alla fine: “donaci un pastore santo che illumini il tuo popolo con la verità del Vangelo e lo edifichi con la testimonianza della vita”.
Ha applaudito quando è stato pronunciato il nome di Benedetto XVI. Un lungo appaluso, l’unico, nel corso di un’omelia decisamente trattenuta. Freddina, come quel telegramma inviato al Papa emerito. Due cadute di stile per un uomo come Sodano avvezzo alla diplomazia. Impossibile non riandare con la memoria al 18 aprile 2005, quando l’allora cardinale Ratzinger, considerato freddo per via del carattere riservato, ha saputo scaldare il cuore di molti con le sue parole, pronunciando quello che da molti è stato – a ragione – considerato il suo programma di governo. Misericordia e sacrificio, la fede, faro e roccia nelle burrasche della vita, l’amicizia con Gesù, fino a quel commovente: “Grazie Gesù per la tua amicizia!” che sintetizza la cifra del Pontificato.
La Chiesa “è viva”, è “un corpo vivo”, e “vive nelle anime che accolgono la Parola di Dio” ha ripetuto Benedetto XVI congedandosi cardinali, indicando loro quel popolo di Dio accorso a salutarlo il giorno prima: “è stata la nostra esperienza ieri”. Anche oggi quel popolo era lì, davanti agli stessi cardinali. Chissà se qualcuno di loro lo ha considerato quando ha messo la prima scheda nell’urna. E quell’applauso a dire che Benedetto XVI non è da archiviare.
È durato un’ora l’ingresso in conclave nel pomeriggio. Prima la processione, poi il giuramento dei cardinali. In mondovisione, ma ognuno da solo – nome e cognome – con la mano sul Vangelo e sotto il Giudizio Universale: “Prometto, mi obbligo e giuro”, non solo al segreto ma anche “di non prestare mai appoggio o favore a qualsiasi interferenza, opposizione o altra qualsiasi forma di intervento con cui autorità secolari di qualunque ordine e grado, o qualunque gruppo di persone o singoli volessero ingerirsi nell’elezione del Romano Pontefice”. Saggezza della Chiesa… che sempre – anche attraverso il vincolo del giuramento – si appella alla libertà e alla coscienza del singolo, che sempre lo rimette “solo” davanti a Dio, liberandolo così da ogni logica di potere (esterno e interno). Come, di nuovo, al momento del voto. È lì che, dimentichi di ogni “cordata” i cardinali, mettendo la scheda nell’urna, sono chiamati a un nuovo giuramento: “Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”.

 

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