Sondaggi, non profezie
I sondaggi non hanno funzionato. È l’accusa che viene mossa agli istituti demoscopici impegnati durante la campagna elettorale, complice la “tempesta perfetta”, ossia il cortocircuito informativo che si è creato lunedì pomeriggio, subito dopo la chiusura delle urne.
Le diverse reti televisive, come di consueto, hanno commissionato la realizzazione di sondaggi post-voto (gli instant polls, meno onerosi dei “famigerati” exit polls) e proiezioni elettorali. Per la prima volta gli uni e le altre, pur dando risultati di segno diverso al Senato (netto vantaggio per il centro sinistra i sondaggi, lieve vantaggio per il centro destra le prime proiezioni) sono stati smentiti dai risultati ufficiali che hanno visto centrosinistra prevalere di poco in voti ma non nel numero dei seggi dove è prevalso il centrodestra. Con la conseguenza che, durante i diversi programmi televisivi, mai come quest’anno è stato seguito con grande interesse lo spoglio dei dati ufficiali del Viminale. Questo avveniva sulle reti RAI, SKY e La Sette. Ancora una volta quanto avvenuto induce una riflessione sui limiti del sondaggio ma anche sul controverso rapporto tra sondaggi e mezzi di informazione.
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